Tom Behan spiega come è nata la camorra e come si combatte
Strano paese il nostro,
dove lo sguardo straniero coglie storture evidenti e si erge dai
rigidi steccati nazionali offrendo una lettura inquietante dei fatti
criminosi che molti sottovalutano o non inquadrano nella loro
drammatica dimensione. Roberto Saviano ha esplorato per primo la
camorra “da dentro”. Ma al di là delle folgoranti cronache di
Gomorra,
per trovare un libro che inquadri in una prospettiva storicistica il
fenomeno criminale della Campania occorre rifarsi alle opere di
studiosi che non siano campani, e neppure italiani. La più lucida
descrizione delle origini della camorra è data dall’opera di
un accademico svizzero
della seconda metà dell’Ottocento, Marco Monnier. In
La camorra lo studioso
elvetico documenta in modo spietato il controllo delle masse
impoverite che i criminali napoletani hanno offerto come “servizio”
ai regnanti di turno. Ferdinando II aveva capito l’utilità di
conservare “un popolo snervato e degradato”, ma anche il nuovo
prefetto del Regno d’Italia non è stato da meno e per fini
diversi, per mantenere la legge, si è rivolto ai capi camorristi e
li ha reclutati tra le forze di polizia.
Si diceva che l’ottica
straniera è quella che investiga con maggiore rigore le radici e lo
sviluppo della criminalità campana, forse perché scevra da
pregiudizi e condizionamenti culturali, o forse perché è ancora
provvista di un robusto sentimento di indignazione. Il
libro che la camorra non ti farebbe mai leggere,
di Tom Behan (Newton Compton Editori, 2009), è in questo senso
esemplare. Un professore associato all’università di Canterbury ha
ricostruito la nascita della camorra, la sua evoluzione, la sua
economia amministrativa nel dopoguerra, episodi salienti come il
terremoto del 1980, l’ascesa del clan Nuvoletta e la genesi dei
nuovi modelli imprenditoriali delle cosche. Behan mette in luce come,
ad un certo punto, la macchina della Democrazia Cristiana abbia un
disperato bisogno dei capi-clan per garantirsi la sopravvivenza
politica. Nel Sud i voti sono diretti verso chi controlla le risorse:
si sono trasformati in un mezzo di scambio, nel miraggio di
alleggerire le tasse e fare fronte alle privazioni economiche o
nell’interesse di favorire le proprie finanze e l’arricchimento
personale. La camorra ha conquistato, con la complicità del potere
politico, buona parte del territorio, diventando il deterrente più
potente contro l’evoluzione civile e la voglia di trasformazione
della società. La “questione morale”, si dice con una parola un
po’ urticante nel nostro dibattito politico! Tom Behan non punta il
dito contro il malgoverno di Napoli e dintorni, ma contro gli
amministratori locali che si sono schierati a favore della
criminalità organizzata. Stando ai fatti messi in fila uno dopo
l’altro nel saggio, negli anni Novanta la situazione è peggiorata.
La corruzione è divenuta tentacolare, inevitabile. E assistiamo ad
un passaggio epocale: dai vecchi “criminali politicizzati” ai
nuovi “politici criminali”. Nel corso della sua disamina,
l’accademico anglosassone non rinuncia a scandalizzarsi per il caso
eclatante di Alfredo Vito e di altri politici che, seppure coinvolti
in episodi di corruzione, sono subito pronti a rifarsi una verginità
con i partiti che li appoggiano.
Di fronte al progressivo
svuotamento della democrazia, l’unica ricetta che lo studioso si
sente di suggerire è l’elaborazione di una visione radicalmente
nuova. Un azzeramento totale della politica e dell’economia.
Qualsiasi strategia che lasci intatte le vecchie regole si adeguerà
alla criminalità organizzata, teniamolo ben presente. Occorre
partire dalle fondamenta e ricostruire una classe dirigente e una
nuova società civile.
A. B.
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