giovedì 28 giugno 2012

GOMORRA VISTA DAL CIELO


Tom Behan spiega come è nata la camorra e come si combatte


Strano paese il nostro, dove lo sguardo straniero coglie storture evidenti e si erge dai rigidi steccati nazionali offrendo una lettura inquietante dei fatti criminosi che molti sottovalutano o non inquadrano nella loro drammatica dimensione. Roberto Saviano ha esplorato per primo la camorra “da dentro”. Ma al di là delle folgoranti cronache di Gomorra, per trovare un libro che inquadri in una prospettiva storicistica il fenomeno criminale della Campania occorre rifarsi alle opere di studiosi che non siano campani, e neppure italiani. La più lucida descrizione delle origini della camorra è data dall’opera di un accademico svizzero della seconda metà dell’Ottocento, Marco Monnier. In La camorra lo studioso elvetico documenta in modo spietato il controllo delle masse impoverite che i criminali napoletani hanno offerto come “servizio” ai regnanti di turno. Ferdinando II aveva capito l’utilità di conservare “un popolo snervato e degradato”, ma anche il nuovo prefetto del Regno d’Italia non è stato da meno e per fini diversi, per mantenere la legge, si è rivolto ai capi camorristi e li ha reclutati tra le forze di polizia.   
Si diceva che l’ottica straniera è quella che investiga con maggiore rigore le radici e lo sviluppo della criminalità campana, forse perché scevra da pregiudizi e condizionamenti culturali, o forse perché è ancora provvista di un robusto sentimento di indignazione. Il libro che la camorra non ti farebbe mai leggere, di Tom Behan (Newton Compton Editori, 2009), è in questo senso esemplare. Un professore associato all’università di Canterbury ha ricostruito la nascita della camorra, la sua evoluzione, la sua economia amministrativa nel dopoguerra, episodi salienti come il terremoto del 1980, l’ascesa del clan Nuvoletta e la genesi dei nuovi modelli imprenditoriali delle cosche. Behan mette in luce come, ad un certo punto, la macchina della Democrazia Cristiana abbia un disperato bisogno dei capi-clan per garantirsi la sopravvivenza politica. Nel Sud i voti sono diretti verso chi controlla le risorse: si sono trasformati in un mezzo di scambio, nel miraggio di alleggerire le tasse e fare fronte alle privazioni economiche o nell’interesse di favorire le proprie finanze e l’arricchimento personale. La camorra ha conquistato, con la complicità del potere politico, buona parte del territorio, diventando il deterrente più potente contro l’evoluzione civile e la voglia di trasformazione della società. La “questione morale”, si dice con una parola un po’ urticante nel nostro dibattito politico! Tom Behan non punta il dito contro il malgoverno di Napoli e dintorni, ma contro gli amministratori locali che si sono schierati a favore della criminalità organizzata. Stando ai fatti messi in fila uno dopo l’altro nel saggio, negli anni Novanta la situazione è peggiorata. La corruzione è divenuta tentacolare, inevitabile. E assistiamo ad un passaggio epocale: dai vecchi “criminali politicizzati” ai nuovi “politici criminali”. Nel corso della sua disamina, l’accademico anglosassone non rinuncia a scandalizzarsi per il caso eclatante di Alfredo Vito e di altri politici che, seppure coinvolti in episodi di corruzione, sono subito pronti a rifarsi una verginità con i partiti che li appoggiano.
Di fronte al progressivo svuotamento della democrazia, l’unica ricetta che lo studioso si sente di suggerire è l’elaborazione di una visione radicalmente nuova. Un azzeramento totale della politica e dell’economia. Qualsiasi strategia che lasci intatte le vecchie regole si adeguerà alla criminalità organizzata, teniamolo ben presente. Occorre partire dalle fondamenta e ricostruire una classe dirigente e una nuova società civile.


A. B.


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