Lo scrittore napoletano Angelo Petrella, intervistato su Le api randage, romanzo uscito con Garzanti e ambientato negli anni di Tangentopoli, ci svela che utilizza il noir come una griglia dove calare i temi a lui più cari e consiglia ai giovani scrittori di studiare l'arte della sceneggiatura e di non avere fretta perchè... la scrittura consiste in anni e anni di duro esercizio.
Come nasce l'idea de "Le api randage"?
La gestazione dell'idea è stata abbastanza lunga: dopo aver terminato "La città perfetta" avevo in mente l'immagine ossessiva di Posillipo, il quartiere in cui sono nato, simbolo per me di un'età mitica ma anche patria di una classe sociale del tutto peculiare, gaudente eppure intimamente conservatrice. E' la borghesia napoletana. Pensavo a una storia di padri e figli, e rileggevo l'Orestea. Poi un giorno un amico mi chiede un soggetto tv su Tangentopoli, io lo scrivo in due giorni e solo un po' di tempo mi rendo conto che è esattamente la storia che stavo cercando...
Qual è il filo conduttore del romanzo? Il tema che più ti ha
ossessionato è la crisi della famiglia?
Più che la crisi della famiglia è la difficoltà dei rapporti
tra padri e figli: la nostalgia della famiglia, l'impossibilità per i padri di
non commettere errori e lo strazio dei figli nel non essere considerati degni
del nome che portano... Ho avuto una vita familiare molto turbolenta, e solo
dopo un lungo processo di metabolizzazione credo di aver avuto la forza di
raccontare il mio mondo. È più facile costruire regni immaginari che parlare
della realtà: a meno di non voler ricorrere alla scorciatoia della cronaca.
Hai disegnato in anticipo la struttura drammatica? Hai elaborato
più di una stesura dell’opera? E l’editor della casa editrice ha svolto un
ruolo importante nell’elaborazione finale?
Ho lavorato per tre mesi alla scaletta della prima parte,
poi per altri sei mesi a quella della seconda. E' la fase più delicata e frustrante:
occorre ritornare molte volte sulle stesse scene, fare e disfare i nodi,
approfondire il personaggio in ogni suo aspetto... Ti sembra di non vedere mai
la fine eppure sai che devi continuare a cercare. Molti pensano che la rottura
sia puro estro o ispirazione divina: sbagliato. È un lavoro sfibrante e
doloroso. Soprattutto, è architettura e controllo. Dopo che il lavoro
preventivo è ultimato, la stesura dell'opera diventa davvero la parte più
entusiasmante e semplice. E l'editor può intervenire nell'aiutarti a riscrivere
e adattare tutti i punti che non convincono. Ma, personalmente, non elaboro mai
una intera seconda stesura dei miei romanzi.
Se La città perfetta si può considerare un’opera
vitalistica, con tutta l’energia portata da criminali e poliziotti
inconsapevoli e aggressivi che cercano di emergere in un territorio di
conquista, Le api randage è un’apoteosi della morte, un cupio
dissolvi di personaggi ferali e distruttivi. Concordi?
"Le api randage" è una tragedia. Certo, moderna:
non esistono gli dei o il fato. Esistono uomini che compiono gesti assurdi,
spinti dalle loro ossessioni. Come il successo, l'invidia, il possesso. A volte
si autodistruggono semplicemente perché non sanno trovare il loro senso, il
loro posto nel mondo. E in fondo in questi noi europei non siamo mai cambiati:
sentiamo che il destino ci precede, che è già scritto. E possiamo solo
accettarne il suo compiersi.
Non pensi che gli anni di Tangentopoli siano straordinariamente
simili a quelli che viviamo oggi? Crisi dei partiti, presenza di tecnici al
governo, fine dei leader storici, smarrimento collettivo e chiusura di una
stagione politica sono solo alcuni dei punti di contatto tra il passato
delineato dal tuo romanzo e il presente che si svolge sotto ai nostri occhi.
Assolutamente. In realtà la ferita rivelata da Tangentopoli
non si è ancora richiusa: e, questo, perché in fondo noi cittadini non abbiamo
mai partecipato attivamente a un cambiamento contro la corruzione. Forse per
una sorta di pigrizia sociale, ci siamo limitati a mandare alcuni magistrati in
avanscoperta, per applaudirli all'atto della riuscita le loro imprese. Come
fossimo allo stadio. Dopodiché, tutti di corsa a casa davanti alle tv.
Secondo John Gardner la narrativa“morale” prevede una forma in cui
“ti fa capire un criminale, come persona, perché arriva a fare certe cose, e ti
fa desiderare un mondo diverso”. Condividi la visione di certa letteratura noir
votata alla moralità? Perché ne Le api randage hai spostato il fuoco su
un colletto bianco, un potente industriale, allontanandoti dalla bassa
manovalanza della camorra? Hai adottato uno stile diverso per raccontare la
grande borghesia?
Il noir per me è più che altro una griglia, un serbatoio di
situazioni e una visione della storia dalla parte dei cattivi. Perché i cattivi
di dicono sempre qualcosa in più, di più reale: quando leggevo
"Macbeth" ero sempre dalla sua parte... E in "Goodfellas"
il personaggio più simpatico è Tommy, interpretato da Joe Pesci. Non credo
nella moralità della scrittura, credo però nel potente effetto di catarsi, di
suggestione, di schiusura di dimensioni altre. Questo è anche il motivo per cui
mi è bastato lavorarci ne "La città perfetta" per esaurire il tema
della camorra, che ormai è diventato uno stereotipo.
Cosa ne pensi della critica letteraria? Ti è mai capitato di
leggere una recensione e trarne qualche utilità? Per te il critico ha ancora un
ruolo importante di intermediazione tra autore e lettore?
E' un capitolo spinoso. Ormai è difficile leggere una
stroncatura o una vera critica nei quotidiani ad alta tiratura. Quanto a me,
sono comunque immune da pericoli: pochissimi quotidiani hanno recensito
"Le Api"...
Quale, tra i libri scritti negli anni precedenti, vorresti
rivedere e riscrivere? Hai mai la tentazione di farlo?
No. Non rileggo mai né ripenso ai miei libri precedenti.
L'avventura che vivo con i miei personaggi è assoluta, ma dura finché non
chiudo l'ultimo capitolo.
Quando hai capito che avevi il“dono della scrittura” e qual è il
percorso che in passato hai dovuto affrontare prima dell’esordio? Qual è il
consiglio che ti sentiresti di dare a un aspirante scrittore?
Ci vogliono almeno dieci anni per scrivere qualcosa di
decente. Ci vuole una vita, e forse non basta, per scrivere qualcosa di
realmente buono. Il consiglio cheto sempre è: leggere, leggere, leggere!
Dopodiché, studiare, studiare studiare: soprattutto sceneggiatura, che è la
scuola migliore per capire quali sono i maledetti strumenti che tengono un
lettore inchiodato alle pagine finché il libro non finisce.
In Italia il 70% delle persone che acquistano thriller sono donne.
Non credi che i tuoi romanzi siano troppo “maschili”?Prima o poi un personaggio
femminile assumerà una centralità assoluta in una tua opera?
Non sapevo di questo dato... Comunque non so, non mi pongo
mai il problema prima: i personaggi nascono anche in quanto "utili" a
una storia. Ma d'altronde nelle "Api" ci sono Sveva, Ingrid, La
Cattiva Tenente. Vabbè, non scappo dalla risposta: sì, i miei romanzi sono
molto maschili. Ma è il noir a essere così...
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