
Carlo Bassetti, Simone
Laudiero, Fabrizio Luisi e Pier Mauro Tamburini provengono dal mondo della
recitazione, della letteratura, dell’insegnamento e del giornalismo ed hanno
fuso i loro diversi saperi per formare La Buoncostume (www.labuoncostume.it).
Realtà attiva a Roma e Milano, (con un largo
seguito anche su fb: https://www.facebook.com/buoncostume),
hanno scritto 98 episodi di Camera Cafè
e 119 episodi di Piloti per la
televisione, specializzandosi sulla vena umoristica e dissacrante. Per quanto
riguarda il web, sono considerati da molti come dei geniali precursori, con il
dono della battuta e dei tempi comici. Prima di sceneggiare Kubrick – Una storia porno, hanno creato
infatti Pong, La deriva del panda, Faccialibro
e di recente Di come diventai
fantasma e zombi, sviluppando i format, interpretando i ruoli chiave come
attori e lavorando sul set alla realizzazione dei prodotti.
Partiamo dalla webserie proiettata al RomaFictionFest.
Quanto tempo avete impiegato a scrivere Kubrick: una storia porno? Avete già
previsto dei futuri sviluppi per la storia? Pensate che la serie avrà casi
verticali oppure sola una linea narrativa orizzontale?
Il lavoro per Kubrick è durato
relativamente poco (quattro mesi circa), considerato che noi e Ludovico
Bessegato, il regista, non abbiamo dovuto interfacciarci con un committente
come avviene di solito. Finita la stesura, già mentre si girava, Magnolia ci ha
anche commissionato i soggetti degli altri undici episodi della prima stagione.
E con nostro massimo piacere ci è stato chiesto di dare spazio alle linee
orizzontali e di costruire degli archi veri per i personaggi: anche sotto
questo aspetto Magnolia ha dimostrato di voler fare le cose per bene e con un
approccio al passo coi tempi.
Avete realizzato il trailer di una futura serie per il web.
Potete anticiparci qualcosa di più su Di come diventai fantasma e zombie? Com’è
nato questo progetto?
È nato come dovrebbero nascere tutti i progetti, sparando cazzate dopo il lavoro. Quando a luglio ci siamo trovati senza niente da fare (come era già successo l'anno precedente per La deriva del panda) abbiamo pensato: ma l'idea del fantasmi e dello zombi non era male, facciamola. Così lo abbiamo scritto, abbiamo messo insieme un po' di soldi, e abbiamo tirato su tre giorni di set. Ora stiamo finendo sonorizzazione, musica e grafiche. Per quanto riguarda la trama, è tutta nel trailer, no?
È nato come dovrebbero nascere tutti i progetti, sparando cazzate dopo il lavoro. Quando a luglio ci siamo trovati senza niente da fare (come era già successo l'anno precedente per La deriva del panda) abbiamo pensato: ma l'idea del fantasmi e dello zombi non era male, facciamola. Così lo abbiamo scritto, abbiamo messo insieme un po' di soldi, e abbiamo tirato su tre giorni di set. Ora stiamo finendo sonorizzazione, musica e grafiche. Per quanto riguarda la trama, è tutta nel trailer, no?
Facendo un passo indietro, la serie comica Faccialibro
presenta due stagioni ben articolate. Potete raccontare la genesi della serie e
per quale piattaforma è stata concepita?
Faccialibro
è stata creata e sviluppata con MonkeyTrip, una giovane casa di produzione di
Varese, per MSN.IT, il portale online di Microsoft. E' nata dalla volontà un
po' giusta, un po' paracula, di creare un prodotto che sfruttasse la diffusione
di Facebook, e di usarlo sia come cornice del format, sia come tema delle storie.
Anche nello stile abbiamo voluto fare qualcosa di più libero rispetto ai canoni
televisivi, con un punto di vista rigoroso (la webcam) ma esploso in tanti
ambienti e tanti personaggi, in modo che il tutto fosse un po' folle,
schizofrenico e veloce. E sfatiamo un mito: la velocità non è una questione di
minutaggio, ma di ritmo interno. Ci sono cortometraggi di 5 minuti che non
passano mai.

Quanto ha influito nella scrittura di Faccialibro il fatto che poi, come per altri progetti, siete stati anche interpreti delle vostre sceneggiature?
Ha influito di
brutto. Scriviamo sempre per degli esseri umani che poi dovranno pronunciare
quelle parole nella realtà. E scrivendole sappiamo sempre esattamente come
devono essere pronunciate. Sembra banale, ma gli attori sanno che non lo è: a
volte ti confronti con sceneggiature e con dialoghi che sembrano tratti da un
romanzo. Spesso un romanzo brutto. Ci sono grandi scrittori che sono pessimi
sceneggiatori, e viceversa. Anche per questo motivo ci teniamo sempre a lavorare
con gli attori che interpretano le nostre sceneggiature, ci teniamo a parlare
finchè tutto non è chiaro a tutti (a noi per primi). Alcune battute possono
essere interpretate, altre vanno dette solo in un modo, che è quello giusto.
Avete maturato un’ampia esperienza nella fiction per il web e in quella televisiva. Secondo voi ci sono delle differenze tra lo scrivere per internet e lo scrivere per la televisione?
Enormi differenze: il
web obbliga a un linguaggio molto veloce, spesso frenetico. Esistono già molte
regole non scritte sulla durata massima di un video, sul ritmo, sulla regia,
praticamente su tutto. Esistono già in libreria manuali di sceneggiatura per il
web. Ma come tutte le regole di sceneggiatura noi crediamo che anche queste
possano essere aggirate, l'importante è produrre senso in ogni momento.
Il web ha
l'interattività, che in Italia rappresenta un campo
in gran parte ancora inesplorato (con pochi casi virtuosi come Lost in Google e
L'Altra). Ma, forse ancora più importante per chi scrive, il web
permette di trattare argomenti che la televisione boccerebbe perché
scomodi/noiosi/di nicchia. E a conti fatti è lì che si nascondono i bottini più
invitanti per uno sceneggiatore.
Il ritratto della “generazione X” tracciato in Faccialibro e ne La deriva del Panda (forse la più divertente in assoluto delle vostre creazioni) è diverso dai trentenni arrabbiati e un po’ acidi di Giovani, carini e disoccupati. Nelle vostre storie i ragazzi sono spesso infantili, passivi e inconcludenti, e le ragazze invece aggressive, iper-complicate e autoreferenziali. Verso dove stanno andando i giovani di oggi?
Non
sappiamo dove stanno andando i giovani d'oggi, che ce lo dicessero, magari ci
imbuchiamo. Sicuramente questo tuo impietoso e giustissimo ritratto getta una
luce amara su come noi viviamo le nostre identità maschili. E' una vitaccia.
Che significa lavorare in un team di 4 persone? Presenta
difficoltà? Come vi organizzate? Ci sono dei ruoli predefiniti oppure vi
occupate tutti di tutto?
Lavorare in 4
significa non essere mai a corto di idee. Significa spendere un po' più di
tempo per trovare qualcosa che metta tutti d'accordo, ma avere la serenità di
proporre cose che hanno passato il vaglio di quattro teste. E per fortuna
l'intesa è totale.
Abbiamo vocazioni
diverse ma partiamo sempre dall'idea che ciascuno possa fare tutto, se
necessario. Quindi se il lavoro è importante, e abbiamo tempo, facciamo in modo
da metterci le mani tutti, anche se non contemporaneamente. Se ci sono molte
cose da fare, invece, ognuno si prende la responsabilità di un progetto e
"utilizza" il lavoro degli altri come un head-writer. Per ora è un
sistema che sta funzionando molto bene.
Cosa consigliereste a chi si vuole provare per la prima volta con la comicità nel web entertainment? Quali sono i segreti per costruire una buona serie comica con pochi mezzi?
Attori disposti a lavorare gratis. Tecnici disposti a lavorare quasi gratis. Autori disposti a rimetterci un po' di soldi. Un/a bravo/a regista, una figura di produzione mediamente molto più professionalizzata degli altri.
E poi
un'atmosfera perfetta sul set. Su questo possiamo dare la polvere anche alle
produzioni più grandi. Facciamo i caffè, diciamo “grazie”, vogliamo bene alle
persone. Per un prodotto comico l'intesa sul set è fondamentale, l'attore
rilassato e felice è anche predisposto a dare quel momento di prestazione in
più che poi nel prodotto finale farà la differenza.
(Poi questa
è la nostra ricetta, chiaro che non ha senso per un sacco di altra gente)
Tornando alla televisione, da specialisti
della sit-com, come vi spiegate il flop di serie di formato classico da 25
minuti (Ugo, Medici miei, Via Zanardi 33, SPQR, Buttafuori) e il successo di
sketch-comedy come il vostro Camera Cafè, ma anche Love Bugs, Così fan tutte o
I soliti idioti? Gli sketches garantiscono una fruizione più segmentata, in
Italia non sappiamo fare un Friends o uno Scrubs, oppure c’è troppa timidezza
da parte del network, sia nella programmazione che nell’ideazione dei prodotti?
In Italia non sappiamo fare un Friends e uno Scrubs perché non sono cose facili. Le sit-com sono prodotti molto tecnici e gli americani sono maestri assoluti nel farle. In Italia ci sono persone capaci, ma sono in larga misura autodidatte, formatesi più come spettatori che come apprendisti. Esperimenti di sit-com pura come via Zanardi non erano in sé sbagliati, ma soffrivano di un cast impreparato (non inadeguato, attenzione) e soprattutto della mancanza di una visione autoriale forte. Questa è la risposta lunga. La risposta breve è: perché non le hanno fatte scrivere a noi. Dateci dei soldi e vi facciamo sognare.
In Italia non sappiamo fare un Friends e uno Scrubs perché non sono cose facili. Le sit-com sono prodotti molto tecnici e gli americani sono maestri assoluti nel farle. In Italia ci sono persone capaci, ma sono in larga misura autodidatte, formatesi più come spettatori che come apprendisti. Esperimenti di sit-com pura come via Zanardi non erano in sé sbagliati, ma soffrivano di un cast impreparato (non inadeguato, attenzione) e soprattutto della mancanza di una visione autoriale forte. Questa è la risposta lunga. La risposta breve è: perché non le hanno fatte scrivere a noi. Dateci dei soldi e vi facciamo sognare.
E un'altra cosa: quando
abbiamo incominciato a lavorare a Camera Cafè, ci ha molto colpito che il
pubblico non avesse una percezione chiara della durata di un episodio (5 minuti
circa) e della sua differenza da una puntata (da 3 a 5 episodi). Gli sketch
sono fruiti dalla maggior parte degli spettatori come un susseguirsi di
situazioni divertenti, con scarsa attenzione alla trama che ogni cinque minuti
riparte da zero. (Anche se in fase di scrittura si presta moltissima attenzione
alla costruzione di ogni singolo episodio). Cosa ne abbiamo ricavato? Che una
televisione approssimativa coltiva un pubblico approssimativo.
Immaginiamo che Luigi Gubitosi, il dg della RAI, a
fronte del crollo della raccolta pubblicitaria a 435 milioni di euro, vi
chiamasse a dirigere un Reparto Innovazione per rilanciare un portale
telematico e un canale tv per target giovanile. Cosa fareste per promuovere una
nuova offerta sul web e sulla televisione? Come vi muovereste per creare prodotti meno tradizionalisti per le nuove
generazioni di nativi digitali?
Se il dg
della RAI ci chiamasse a dirigere un canale per i giovani significherebbe che
noi avremmo almeno 60 anni, delle care famiglie e ormai poco o niente da
dire. No, a parte gli scherzi, se
venissimo investiti di una così grande responsabilità credo che compreremmo le
droghe più costose in commercio e ci dedicheremmo a quello per svariati giorni.
E poi si vedrà. Non è ancora abbastanza serio? Porteremmo un sacco di idee, e
tante persone brave in grado di realizzarle.
Finalmente qualcosa di giovane!
RispondiElimina