mercoledì 28 novembre 2012

FABIO MONTALE SPARA, LA MAFIA RISPONDE

Alla scoperta dello scrittore francese che ha posto le basi del “noir mediterraneo” e influenzato schiere di autori, da Carlotto a Markaris.
Jean-Claude Izzo e la sua trilogia marsigliese.
Perchè lo sbirro Fabio Montale, il classico duro dal cuore tenero, protagonista di tre polizieschi di Izzo (Casino totale, Chourmo, Solea), è ancora oggi un personaggio di culto.

Scrivere gialli non è un altro modo di militare. E’ solo una maniera di trasmettere i miei dubbi, le mie angosce, le mie felicità, i miei piaceri. E’ una maniera di condividere”, disse una volta Izzo. Eppure, a leggere i suoi romanzi si ha la sensazione che se da una parte lo scrittore marsigliese non è riuscito a cambiare la società con la sua militanza politica, dall’altra ha cercato di farlo a colpi di penna, evidenziando le aberrazioni di un mondo che lo disgusta.

 
L’AUTORE
Di umile famiglia, Jean-Claude Izzo nasce a Marsiglia nel ‘45 da padre italiano e madre sivigliana. Milita nel Partito Comunista, collabora con il giornale “la Marseillaise” e pubblica una raccolta di poesie. Nel 1987 si trasferisce a Parigi dove affianca l’attività di giornalista e sceneggiatore a quella di organizzatore di eventi letterari. Nel ‘93 pubblica su una rivista il racconto che poi diventa il suo primo libro, Casino Totale, uscito nel 1995 nella collana Série Noir dell’editore Gallimard.
 
L’ESORDIO
L’esordio è una rivelazione. Del libro saranno vendute solo in Francia 140 mila copie. Izzo non presenta nessun enigma da risolvere né tanto meno un finale consolatorio. C’è solo l’ansia di verità del commissario Montale che ha visto morire gli amici di un tempo e torna a Marsiglia per vendicarli. Una sfida con un oscuro assassino. Una sfida che prevede abilità fisica, intelligenza e capacità di previsione. Montale è un poliziotto dei quartieri poveri con la tendenza a fare troppo l’assistente sociale. Quello che incontra sulla sua strada è un “merdaio”. Si sente un disadattato, un perdente. Ma la vita si prende talvolta delle rivincite e offre quando meno te lo aspetti delle piccole cose che la rendono godibile: il tramonto, il mare, la pesca, le amicizie sincere. Per dirla con Montale: “ho passeggiato per il Panier, bevuto un Pastis in un bistrot, ordinato una bouillabaisse, assaporato il profumo del mare”.
 
IL PERSONAGGIO DEL CICLO MARSIGLIESE
Come dirà Izzo in un’intervista “Montale, oltre ad essere un omaggio al poeta di Ossi di seppia, è un poliziotto figlio di immigrati che crede ai valori e alle virtù della repubblica, quindi è un poliziotto dal volto umano, quasi un educatore. Uno che vuole capire prima di condannare. E’ forse per questo che alla fine lascia la polizia. Non credo agli eroi che vincono. In questa società siamo tutti sempre perdenti”.
Nel ciclo narrativo che si dipana abbiamo l’impressione che ci sia una identificazione totale dell’autore con il suo personaggio letterario. “Montale più scopre gli orrori della società, la violenza e l’ingiustizia, più diventa un intransigente difensore dei valori di giustizia in cui crede. Ma al contempo è sempre più isolato e perdente, perché i suoi valori – che poi sono i miei – oggi purtroppo non sono certo dominanti” (Izzo).
La fascinazione verso la trilogia di Montale sta tutta qui, nel ritratto di uno sconfitto, privo di illusioni e senza avvenire. Ma anche nella costruzione romantica di un mito. L’eroe dotato di una coscienza civile. L’individuo solitario, che non rinuncia a lottare contro chi è più forte. E poi c’è anche l’uomo che, nella sua quotidianità, ama la buona cucina, i vini, la letteratura e le belle donne.
Fabio Montale non è affatto rozzo e culturalmente sprovveduto come molti poliziotti letterari. Con qualche forzatura e generosità Izzo fa posto nell'ampia formazione del personaggio alla musica (da Bob Dylan a Gianmaria Testa, da Leo Ferré a Paolo Conte) e ai libri (da Conrad al poeta Louis Branquier, da Glissant a Cesare Pavese). Il suo creatore ha scritto: “ognuno trova in Montale l’amico che cercava, un amico capace anche di soffrire profondamente e perfino di piangere di fronte agli orrori umani di cui è testimone”.
 
GLI ALTRI VOLUMI DELLA TRILOGIA
Con il successo della sua prima opera, a 50 anni suonati Izzo si vede riconoscere il suo talento. Incitato dall’editore, continuare a scrivere le gesta di Montale. Pubblica Chourmo (1996) e Solea (1998), in cui il protagonista abbandona la polizia ma non rinuncia a risolvere casi dove la mafia va a braccetto con la politica. Il secondo e il terzo volume della trilogia alzano il tiro e seguono un percorso di indagini che arrivano fino alla macro-criminalità, esplorando i traffici di una città multietnica, le trame internazionali e i collegamenti fra mafia e colletti bianchi. Ne emerge un ritratto vivido e tridimensionale di Marsiglia. Una città violenta, con le periferie dilaniate dai conflitti sociali, i razzisti del Fronte nazionale, una polizia corrotta e impotente, il racket della droga e quello degli appalti per la costruzione del nuovo porto turistico. Ma anche un luogo solare e poetico, con il silenzio del mare, una luce crepuscolare, e quartieri vivaci che rappresentano un crogiuolo di lingue, di razze e di culture.
 
 
LA PROSA UN PO’ VECCHIOTTA E LA VISIONE RINNOVATA
Dal punto di vista letterario la prosa di Izzo è svelta e semplicistica. Talvolta stride con i momenti più sospesi di ricercatezza poetica. Le citazioni e le riflessioni di Montale spezzano il ritmo sincopato della narrazione. Il tono nostalgico è troppo insistito e risulta datato. C’è un immaginario fatto di cliché e che suona di maniera. Eppure Izzo piace ancora e potete scommetterci che conquisterà il pubblico di domani. Piace soprattutto a quelli che non leggono gialli e non amano gli intrecci di detection. Si tratta di uno dei rarissimi casi in cui la “voce” del narratore passa in secondo piano. E’ la sua “visione” che rapisce e frastorna. E’ il suo modo di guardare le cose che affascina, il suo punto di vista sul mondo. Carnale e materico. Uno che prende di petto le persone. Che restituisce profumi e colori. Che assedia la realtà.
Nei suoi libri potete incontrare illuminazioni improvvise come il passo seguente. 
A volte succede, per strada. Si incrocia lo sguardo di una donna e ci si volta nella speranza di incrociarlo di nuovo. Senza chiedersi se quella donna è bella, com’è fatto il suo corpo, quanti anni ha. Solo per quello che passa attraverso lo sguardo, in quell’istante: un sogno, un’attesa, un desiderio. Tutta una vita possibile.”
Izzo è fatto così. Prendere o lasciare.
Le sue storie trasudano passione civile. Il suo eroe, Montale, non si piega e punta il dito sui responsabili della corruzione dilagante. In lui l’impegno si sposa con una analisi penetrante dei rapporti di potere, in un nichilismo dissacrante che si ferma a un passo dal qualunquismo.     
L’umanità intera mi usciva dagli occhi. Tutte quelle storie non erano altro che la parte più infima della schifezza del mondo. Su grande scala: guerre, massacri, genocidi, fanatismo, dittature. C’era da credere che, venendo al mondo, il primo uomo si era sentito talmente fregato che nutriva solo odio. Se Dio esiste, siamo dei figli di puttana”.
 
 
IL NOIR MEDITERRANEO COME EREDE DEL REPORTAGE
I libri della trilogia nascono con l’urgenza di raccontare la malavita marsigliese e gli intrecci affaristici perpetrati da anni ai massimi livelli. E il tutto nell’indifferenza generale. Se il giornalismo d’inchiesta ha le armi spuntate, e la precedente esperienza redazionale si è rivelata per Izzo un fallimento, ecco che la forma romanzo, con la sua fecondità creativa e la sua maggiore godibilità, gli viene in soccorso. Invece di scrivere noiosi reportage sulle grandi organizzazioni criminali, saggi che poi leggeranno pochi e affezionati lettori, Izzo decide di affrontare la scottante e ruvida materia coniugandola con la fiction. Alla base del lavoro c’è l’inchiesta, la documentazione, l’analisi dei fatti, l’individuazione di un problema sociale e politico. Per consegnare questa verità a un target più ampio, per rendere la sua denuncia esportabile, Izzo la condisce di una parte inventata, di eroi coinvolgenti e di trame serrate. E’ un metodo di costruzione che nel corso degli anni diventerà prassi e arriverà fino ai nostri, utilizzato anche da molti scrittori nostrani come Machiavelli, Lucarelli e Carlotto.
Izzo ne è l’inventore. Usa un linguaggio crudo e diretto che non fa sconti a nessuno. La sua letteratura “di testimonianza” invita al dissenso e all’indignazione. Spiattella sotto il naso del lettore una morale amara. La vecchia mafia di una volta è diventata imprenditrice, ci dice Izzo. Lo sanno tutti, anche quelli che fingono di non sapere. Le multinazionali del crimine regolano la vita di Marsiglia e del paese, esportano i loro capitali e hanno un potere finanziario inimmaginabile.
Izzo così si unisce alla folta pattuglia di scrittori francesi “sovversivi”, da Pierre Sinac a Marc Villard, da Pascal Dessaint a Manchette, che teorizzano sulle pagine dei loro romanzi che da tempo la criminalità sia entrata tra le componenti economiche della Francia e raccontano senza peli sulla lingua il momento preciso in cui la mafia estende i suoi tentacoli nella società civile e arriva a impregnare il vivere comune della gente.
 
IL POLIZIESCO NON E’ PIU’ EVASIONE, MA INVASIONE DELLE COSCIENZE
Al di là di riconoscere a Izzo il valore di capostipite del cosiddetto noir mediterraneo, occorre ricordare che i tributi che la trilogia marsigliese ha ottenuto nell’ambiente culturale e nei salotti letterari contribuirono a sdoganare il giallo inteso come prodotto di evasione e a nobilitarlo rispetto alla sua condizione di lettura dozzinale. I libri di Montale imposero un rapporto diverso con i lettori e furono percepiti da subito come forma colta di comunicazione. Per la prima volta il poliziesco si era smarcato dall’etichetta di letteratura commerciale.
Perciò non stupisce che alla morte di Izzo, stroncato a 55 anni da un tumore, i librai lo abbiano commemorato esponendo le copertine dei suoi volumi in tutte le vetrine di Marsiglia. Un omaggio a un maestro, di penna e di vita.
 

 

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