
Ecco l'intervista all'autore de LA SPIAGGIA DELLE ANIME, Roberto Alba, che ha saputo rappresentare con incredibile levità l'insensatezza della vita.
Dal 15 novembre in tutte le migliori librerie, per la collana "Crimen" (edizione Gremese).
Dal 15 novembre in tutte le migliori librerie, per la collana "Crimen" (edizione Gremese).
- Come nasce l'idea del romanzo "La spiaggia delle anime"?
Credo sia un caso, uno di quei
guizzi fantastici che scattano improvvisi nella mente.
Amo i libri con la pattina del
tempo, con la polvere incollata nelle pagine… Presso un negozio d'antiquariato
avevo da poco acquistato un libro edito nel 1934 dalla Bompiani “Scoppierà la
guerra in Europa?” del premio Pulitzer H. R.
Knickerbocker, corrispondente di guerra in Germania e noto giornalista
dell’epoca. Combinazione ha voluto che nello stesso periodo terminassi la
lettura di un testo scientifico appassionante: “La sindrome degli antenati”
della ricercatrice francese Anne Ancelin Schützenberger. È stata una miscela
esplosiva. Immaginare che dei ricordi potessero essere trasmessi tra
generazioni, tra eventi lontani nel tempo e legati da un fatto inquietante, ha
fatto scattare la scintilla, l’idea di una storia, di un giallo senza i rigidi
schemi del genere. Storia, mistero, psicologia, amore, sono gli ingredienti del
romanzo La spiaggia delle anime.
- Può parlarci dei personaggi del romanzo? A quale dei personaggi è più affezionato?
Il romanzo è plasmato su tre
periodi storici. Un intreccio dove i protagonisti, pur vivendo eventi
apparentemente slegati tra loro, ricordano fatti che hanno un’origine comune.

Correva l’anno 1938…
Tra i personaggi di quest’epoca,
spicca su tutti il conte Paolo Marrone, comandante del veliero “Principessa
Margherita I”, approdato sull’isola di Lindos, teatro di un omicidio
sanguinario: il movente una borsa che custodisce un segreto inviolabile per le
sorti della guerra e dell’Italia in particolare. Fra gli altri personaggi
Marcello, il giovane mozzo, rappresenta l’età della speranza, della voglia di
vivere, e dei sogni infranti da una guerra che ormai è alle porte.
1978…
Luisa, naufraga con il marito
Carlo su un’isola del mar Egeo, è il personaggio che preferisco, è lei che… non
voglio svelarvi altro e togliervi il piacere della lettura.
- Secondo i dettami di un mercato che tende a
stabilire sempre delle etichette e dei generi, come definirebbe la sua
opera?
Identificare un’opera e
catalogarla in un genere preciso fa parte della nostra necessità di seguire
degli schemi. È una forma di rassicurazione mentale: per il mio editore e per i
lettori la collazione su un preciso scaffale in libreria. Nella realtà nessuno
di noi vive una vita di “genere”, anche se cerchiamo di catalogarla ogni
giorno. Si vive e basta, le esperienze sono un minestrone di occasioni prese,
di coincidenze fortuite nello scorrere di un tempo, che alla lunga è sempre
uguale. Nessuna delle nostre vite è meno avventurosa di quella che ha vissuto
Armstrong, il primo uomo sulla Luna, sono solo diverse, ma uniche. La mia opera
è questo: la fotografia di un mondo e dei suoi personaggi, legati da un
mistero… per chi ha l’esigenza di collocarlo in uno specifico genere letterario
direi: un giallo atipico con venature fantastiche. Perché un giallo atipico?
Non c’è l’investigatore. In realtà chi deve correre e interrogare i personaggi
tra le pagine è il lettore. Ho messo il lettore al centro della storia: lui è
lo spettatore privilegiato, tutti gli elementi necessari per la soluzione del
caso, e la ragione degli eventi, sono presenti, distillati fra epoche storiche
diverse. Il mistero, il giallo, il colpevole è uno, ma la reale soluzione che
il lettore ha il compito di trovare sta dentro Valerio. Il lettore deve vivere
la storia, mentre io racconto la vita di un uomo che farà di tutto per negare
un’evidenza… La soluzione finale del “giallo” è in ciò che il lettore percepirà
come “concluso”. In realtà, il romanzo non si presenta con un finale aperto
come potrebbe sembrare, finisce come insegna ogni capitolo della nostra vita.
Con un punto e il dubbio di ciò che sarà.
- Trova che sia proficuo contaminare un genere con altre suggestioni e portare il thriller e il giallo oltre i loro tradizionali confini?
Per il mio sentire di lettore è
indispensabile. I romanzi che non mi danno riferimenti fissi sono quelli che mi
intrigano. I generi thriller e giallo hanno molti riferimenti comuni. Ciò che
li contraddistingue è la metamorfosi che segna il percorso dei personaggi. Nel
giallo è tutto schematizzato: vittima, colpevole, investigatore, soluzione
finale e condanna del cattivo. Nel thriller l’elemento funzionale è la
motivazione che spinge l’assassino a compiere i suoi “efferati” delitti (più
sono raccapriccianti più un editore disposto alla pubblicazione si trova!). Chi
indaga e cerca la soluzione è il classico investigatore (meglio se sfigato con
problematiche esistenziali prossime al suicidio) o, come capita, la vittima che
scappa.
Abbandonare schemi, strutture
narrative ormai ben collaudate è sempre un rischio. Il mio romanzo è un po’ una
scommessa: mettere il giallo con un climax da thriller dentro una pentola con
un po’ di mistero, psicologia e sentimenti. Non so se la cottura sia perfettamente
riuscita. Spero solo che il piatto che ho preparato sia una buona sorpresa per
il palato di un lettore curioso, pronto a sperimentare.
- Leggendo il romanzo si intuisce che
non abbia una visione ottimistica dei rapporti umani, ma in
fondo c'è anche una nota di speranza, un'apertura positiva. Oppure è
ancora pessimista?
Io mi definisco un ottimista.
Quella che in questo romanzo è percepita come una visione pessimistica della
realtà è, a mio avviso, la fotografia che faccio di uno spaccato della vita dei
nostri tempi. C’è un subplot che è la storia di un caso che segue Valerio in
qualità di avvocato divorzista: il fallimento di un matrimonio inteso come
fallimento della propria intera esistenza. I figli e la relazione con l’ex. Il
finale amaro di tutta la vicenda è preso dalle pagine di un giornale, è un
fatto realmente accaduto, a cui nessuno da risposte. Tutto si chiude con “un
gesto folle”, tutto si risolve con la spiegazione di una pazzia che pazzia non
è. Credo che esista un perché per ogni cosa, anche nel delirio noi “umani”
sappiamo essere tremendamente logici. Ma spesso parlare delle verità dei nostri
mali è un male ancora peggiore, per questo motivo è stato inventato il
silenzio.
La speranza è celata dentro
Valerio. Il protagonista non lo ritengo affatto un pessimista, forse
all’ottimismo ha aggiunto la consapevolezza del mondo reale, ma questo spetterà
al lettore deciderlo, è lui il giudice.- Ci sono degli scrittori che l'hanno
influenzata e a cui riconosce un maggiore debito?
Come bene ha descritto l’amico
Giuliano Pasini nella prefazione al romanzo, due autori sono fondamentali nella
mia formazione…
“Le vicende immaginate da Roberto Alba ruotano attorno a
un’isola, anche quando non vi si svolgono effettivamente. Un’isola
affascinante, ricca di angoli suggestivi. Un’isola su cui sembrerebbe bello
naufragare e in cui sembrerebbe bello perdersi, se non fosse che là non tutto è
ciò che sembra. A cominciare dai piani temporali (tre, che coprono quasi
ottant’anni intersecandosi in diversi punti) e dai personaggi, ognuno alla
ricerca di qualcosa che culmina inevitabilmente con la ricerca del proprio io.
E dalle due luci misteriose che compaiono sotto il pelo dell’acqua… Mi fermo,
per non svelare troppo. Questo, comunque, è Michael Crichton.
La prima anima sulla spiaggia è quella dell’isola stessa.
Un personaggio – a un tempo collettivo e individuale – sempre presente, seppure
sottinteso, sfuggente. Un personaggio che emerge assieme a quelle luci. Un
luogo che ha un’anima fatta di ricordi ancestrali, di miti antichi. E una
caverna misteriosa. Questo è H. P. Lovecraft, che scrisse che “il sentimento
più forte e antico dell’animo umano è la paura, e la paura più grande è quella
dell’ignoto”.
… possiamo dire che Crichton deve più che qualcosa a Isaac
Asimov, e che Lovecraft deve altrettanto a Edgar Allan Poe. Sulla spiaggia
creata da Alba troverete le loro anime. Non vi sembra sufficiente? Allora
sappiate che, seduto in disparte, là in fondo, c’è anche un cantore cieco.
Racconta di mari infestati da mostri mitici, di dei iracondi, di viaggi lunghi
lustri poi decenni, di sirene che blandiscono, di ciclopi accecati. C’è anche
Omero in questo romanzo. E se volete scoprire perché, non vi resta altro che
leggerlo.
- Che cosa ha significato per lei partecipare a un
torneo letterario? E' stata un'esperienza utile?
Il romanzo La spiaggia delle
anime ha vinto il torneo letterario Ioscrittore 2011 promosso dal gruppo
editoriale Mauri e Spagnol. È arrivato fra i trenta finalisti ed è stato
pubblicato in ebook con il titolo L’ultima
spiaggia delle anime. La versione cartacea esce il 20 novembre con la casa
editrice Gremese, a cui devo dire grazie per aver creduto nella mia storia. In
vista dell’edizione cartacea, inoltre, il romanzo è stato rielaborato in alcune
parti, migliorato senza dubbio.
L’esperienza con il torneo è
stata fantastica e le emozioni credo che saranno difficili da dimenticare.
Tanto difficili che ci ho riprovato con un noir nel 2012. Lassù devo avere un
angioletto che mi ama. Tra 1100 romanzi partecipanti ho vinto anche l’ultima
edizione con il romanzo Ulisse senza
stelle.
- Cosa ne pensa degli editori italiani e cosa non
le piace? Crede che scrivere potrà diventare il suo mestiere?
Ne penso tutto il bene e tutto il
male del mondo. Sono tutti buoni e cattivi. Tutti troppo indaffarati a far
quadrare i bilanci per prestare la dovuta attenzione al diluvio di manoscritti
da cui sono sommersi. Noto però una certa diffidenza a sperimentare, vogliono
andare sul sicuro. Pochi editori amano il rischio. Le mode del momento per
alcuni sono un brutto incentivo, ma salvano baracca e burattini, e di questi
tempi ben vengano corde, manette e frustini.
Scrivere per mestiere è lusso di
pochi. Mi accontento di raccontare le mie storie, poi il destino di ciascuno è
scritto da qualche parte, anche se per il momento, del mio, sono poco curioso,
forse!
Ho conosciuto Roberto grazie al torneo di Gems, siamo arrivati tutti e due in finale...e ancora oggi ci leggiamo, ci cerchiamo, ci consigliamo a vicenda...spero di avere anche io uno sbocco positivo come è capitato a lui con la Gremese. Ho amato il suo romanzo dal primo momento...e ora, ancora di più in questa nuova versione. Un ottimo libro per una sorpresa inattesa...e felice. In bocca al lupo, Robè!
RispondiEliminaBravo Roberto. A breve sul mio comodino, in compagnia di tutti gli altri scrittori apprezzati grazie al Torneo. Una nuova generazione? sembrerebbe proprio di sì.
RispondiElimina