Nel paese degli eterni ritorni e
del Vecchio che avanza, la sfida di Natale vedeva l’ennesimo cine-panettone di Christian
De Sica e della sua eroica pattuglia competere con una sequela di gag volgari del duo Biggio-De Ceglie...
Troppo in fretta si è dato come perdente De Sica e dunque non sono mancate le sorprese...
Troppo in fretta si è dato come perdente De Sica e dunque non sono mancate le sorprese...
I campioni di incassi delle Feste ci raccontano il nostro paese meglio di qualsiasi altra cosa e ci consegnano un ritratto amaro e dincantato della nostra situazione sociale e politica.
C’è da dire subito che, lontani anni luce dai Globi d’oro, i film
italiani che si contendono oggi il podio natalizio non andranno mai
oltre il perimetro dell’Italia. Per fortuna, aggiungiamo noi. Perché i “dai,
cazzo”, gli equivoci, l’erotismo da preti, i peti e i rutti riccamente disseminati
nelle pellicole non contribuirebbero a diffondere oltreoceano un’immagine
molto alta ed edificante della produzione tricolore. Comunque
sia, non c’è questo rischio… I nostri campioni d’incassi sono completamente
ignorati fuori dai confini dell’Italia!
Veniamo al punto. Quali sono i lungometraggi che il pubblico ha più amato durante le vacanze natalizie?
Colpi di fulmine ha ottenuto 10.000.432 di incasso. Un
risultato ragguardevole per De Laurentis, specie con i cattivi auspici che
giravano sul film in uscita e con gli attuali tempi di magra.
L’altro capolavoro della nostra cinematografia, I due soliti idioti, dopo una partenza
folgorante si è dovuto fermare a 8.720.914. (Che sono più di due milioni di
euro in meno rispetto alla performance dell’anno scorso.)
Si piazza terzo in classifica Tutto tutto niente niente di
Albanese, che partito un po’ prima degli altri si porta a casa 8.450.298 €.
I risultati del box office sono comunque deludenti rispetto agli anni passati ed esprimono una netta flessione del cinema italiano, con percentuali che in alcune giornate hanno fatto registrare -20%.
Molti produttori se la prendono con la pirateria, che sarebbe il
nemico da abbattere e il grande colpevole sul banco degli imputati. Il nostro
pubblico va di meno al cinema perché scarica illegalmente. Ma allora perché
l’altra insuperabile vetta del cinema italico, Che bella giornata, nonostante l’offerta illegale sulla rete
continuava a generare incassi anche a due mesi dall’uscita?
La pirateria c’era ieri, così come c’è oggi.
I veri cecchini del cinema, diceva tempo fa il titolare della
Taodue, sono gli stessi produttori, quelli incapaci però. Valsecchi ha condannato la “casta”
vigente che soffoca l’iniziativa giovanile. Ma non basta spingere il pedale
sulla demenzialità e non basta ridurre a brandelli la lingua italiana per
svecchiare il linguaggio dell’audiovisivo e fare cose nuove per il tanto bramato "target giovane".
Forse continuare a proporre commediole abborracciate, con un gergo
da caserma e una scrittura pari allo zero, non è la ricetta migliore. Forse
puntare tutto sul marketing, rinunciare ad una sceneggiatura dotata di senso e
girare nello spzio di pochi anni tanti cloni alla giapponese (a quando I soliti idioti a New York?) non si riveleranno a lungo andare delle
mosse granchè vincenti. Occorre ripartire dall’abc, rifondare le radici
dell’affabulazione, selezionare le storie migliori, immaginare una filiera
produttiva più competitiva. E allora i risultati arriveranno.
Le top ten del nostro box office si distinguono da quelle di
vent’anni fa semplicemente per il numero di parolacce. Il provincialismo, la
mancanza di esportabilità delle storie, la loro ruffianeria e l’inesistenza
delle sceneggiature, ridotte a gag sbrindellate e tenute insieme con l'elastico, segnano un immobilismo
preoccupante, una ciclicità che inquieta. Gli anni sono passati invano e abbiamo nelle sale prodotti eguali a quelli del
ventennio prima. L’impressione è che il cinema rifletta un paese bloccato,
involuto in se stesso, come pietrificato.
Non è un caso che I due
soliti idioti e Tutto tutto niente
niente contengano una parodia del politico alla Silvio Berlusconi, figura
ormai sdoganata a livello narrativo. Ma è Colpi
di fulmine a rappresentare più compiutamente la parabola berlusconiana. Christian
De Sica è in termini figurati l’alter ego di Berlusconi: abbronzato, mantenuto
bene, furbo, con gli ormoni a mille e l’occhio sveglio, nonostante il passaggio
del tempo si è conservato quasi identico a Vacanze
di Natale, guitto simpatico e cialtronesco, ed è la perfetta metafora del paraculo
pronto al travestitismo e all’irrisione. L’Alberto Sordi di oggi.
("L’avete voluto voi De Sica junior!", direbbe uno snob come Nanni Moretti).
Insomma
sono assai lontani i lungometraggi epici, il Cinema-Cinema, i personaggi
originali, i percorsi del Cambiamento, i generi diversi da quelli collaudati, le novità fuori dagli
stampini televisivi e la celebrazione dell’Inatteso.
Concludo con una nota di speranza. Da registrare, fuori dall’acerrima lotta natalizia, a gennaio il successo strepitoso di Tornatore. La Migliore Offerta incassa nel primo fine settimana di uscita quasi quanto il totale dell’ultimo deludente film di Virzì e dimostra una tenuta notevole rispetto al weekend scorso, perdendo solo il 13% (1.730.000) ed arrivando ad un totale di ben, udite, udite, 5 milioni di euro. Siamo pronti a scommettere, poi, che il film di Tornatore, un noir potentissimo e fortemente evocativo, darà al suo autore molte soddisfazioni anche all’estero e la sua storia di matrice mitteleuropea non sfigurerà accanto alle pellicole straniere, per la sua ricercatezza e per l’originalità espressiva.
Così dice il regista siciliano sul mercato italiano: “Sarebbe
bello lasciare ampio ventaglio alle possibilità: solo questo rende forte una
cinematografia anche in momenti di crisi. Chi ne fa le spese è il cinema
d’autore che in più in Italia ha sempre faticato ad avere rapporto col pubblico
perché si pensa ancora che d’autore significhi non per il pubblico, un grande
errore. Per me un film popolare, interessante e fatto bene, che magari affronta
con le risate temi importanti, è cinema d’autore.”
Che Tornatore stia indicando un percorso? Che il cinema d’autore
sia la strada da intraprendere, invece del piattume, del sessimo, del Drive in quotidiano, delle scenette scollegate,
della comicità triste da balera, dei luoghi comuni e dell’eterno ritorno dell’identico?
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