Intervista a Leopoldo Viscomi, autore de "La zona verde". Ambientato tra Calabria, Lazio e New
York, il romanzo sembra avere
assimilato la lezione della suspense fiction d’oltreoceano e la voce di Viscomi è
libera del provincialismo da cui sono affetti molti scrittori nostrani, dosando bene
gli ingredienti della realtà e quelli della finzione e alternando le azioni
spettacolari alle pause riflessive dei personaggi. Così il bene si trasforma in male e non esiste più una netta distinzione tra buoni e cattivi.
VENERDI' 15 MARZO: PRESENTAZIONE DEL ROMANZO A PARTIRE DALLE ORE 18 ALLA LIBRERIA GREMESE IN VIA BELSIANA, 22
Dalla prefazione del romanzo:
Nel corso degli ultimi anni non sono
mancati i saggi, come “Fratelli di sangue” , “La Mala pianta” e “La giustizia è
una cosa seria”, che hanno scandagliato la realtà della ‘ndrangheta
snocciolando cifre e numeri impressionanti: 155 cosche, 6.000 affiliati,
ramificazioni in tutto il mondo, traffico di armi e di droga dal volume d’affari
impressionante, un potere finanziario che quasi gareggia con quello di Wall
Street. Mancava, però – fino all’apparizione di questo romanzo -, un’opera che
raccontasse il fenomeno criminale che non è solo calabrese e la lotta alla
‘ndrangheta nella veste della grande letteratura di genere.
Abbiamo incontrato Viscomi per farci raccontare qualcosa in più sul romanzo e sull'autore.
Come nasce il tuo esordio letterario? Raccontaci della genesi del romanzo.
Durante il mio lavoro
di autore televisivo ho avuto la possibilità di conoscere da vicino gli uomini
e le donne della DIA. Da questo incontro iniziò a balenarmi in testa la
possibilità di scrivere un racconto in grado di unire la dura realtà della
criminalità organizzata con la sottile seduzione della finzione di un romanzo.
Il protagonista è
indubbiamente il maresciallo Lomanno, ma i suoi colleghi, con le loro storie
personali, sono altrettanto protagonisti e rendono il racconto un interessante
percorso in grado di mettere in luce le debolezze della natura umana.
Fuori dalla retorica,
cosa ti ha colpito di più del lavoro della DIA?
Le difficoltà
burocratiche…
Ne “La zona verde”
parli della ‘ndrangheta come di una potente holding finanziaria con
ramificazioni anche all’estero. Come fanno le cosche calabresi ad operare in
altri paesi ed a muovere un così ingente flusso di danaro?
Come la maggior parte
delle organizzazioni mafiose che operano sul territorio italiano, anche la
‘ndrangheta può contare su appoggi politici e nel caso specifico anche su
legami di sangue che sono indissolubilmente più forti di qualsiasi accordo.
Pensi che
l’organizzazione della ‘ndrangheta sia stata sottovalutata negli ultimi tempi?
Le forze dell’ordine hanno strumenti sufficienti per contrastarla?
Dal mio punto di
vista, sarebbe necessario far confluire più risorse. A volte operazioni
complesse, che richiedono maggiori disponibilità finanziarie, vengono
rallentate per la mancanza di fondi e questo comporta, non una sottovalutazione
del problema, ma una consapevolezza di non riuscire a fare tutto il necessario.
Quali sono i tuoi
modelli letterari e gli scrittori che più hai apprezzato da semplice lettore?
Ho sempre amato gli
scrittori d’oltreoceano come Jeffery Deaver, Michael Connelly, Robert Crais,
Tom Clancy, ma l’acutezza di Camilleri non si discute.
Alcuni campani e
calabresi non amano sentir parlare troppo delle organizzazioni criminali della
loro regione. Saviano e altri scrittori impegnati sono osteggiati per
le loro opere di denuncia. Cosa ne pensi delle polemiche che talvolta sorgono
sull’opportunità di “vendere” una faccia migliore della propria terra e
ripulire un’immagine deteriorata dalla cronaca nera?
Da calabrese doc, ti
posso confessare che sentire la proprio terra d’origine associata alle
organizzazioni mafiose che vi operano crea in me un certo dispiacere, ma ciò
non toglie che nascondere il problema equivalga a farlo scomparire.
Perché il titolo “La
zona verde”? Da dove deriva?
A questa domanda posso
solamente rispondere che per scoprirlo è necessario leggere il romanzo…
Credi che il romanzo
poliziesco, o comunque la letteratura di genere, possa avere un valore civile,
un senso più alto di testimonianza?
Sicuramente la
letteratura di genere serve a descrivere una realtà che ci circonda e inevitabilmente ad aiutare le coscienze a
riflettere su certi temi che se non approfonditi verrebbero del tutto ignorati.
Hai altri progetti nel cassetto, dopo la tua prima pubblicazione?
Certo, se il romanzo
farà breccia nei cuori dei lettori, sicuramente le indagini sul crimine organizzato continueranno.
Il ritmo elevato della narrazione e alcune sue caratteristiche di fluida godibilità, così come il fatto che parte del tuo romanzo si svolga negli Stati Uniti, contribuiscono a dare a “La zona verde” una dimensione internazionale anche a livello letterario. Non hai mai avuto la sensazione che molti gialli che oggi si scrivono in Italia siano invece troppo provinciali e condannati alla marginalità nel moderno panorama editoriale?
In un'era globalizzata
come la nostra è quasi inevitabile non rapportarsi con ciò che accade nel resto
del mondo, ho voluto non ignorare questa realtà ambientando parte del romanzo a
New York e rendendo la linea che divide la finzione dalla realtà sempre più
sottile. Sdoganare un racconto di questo genere al di fuori dei confini
nazionali, era inevitabile.
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