INCHIESTA SUL SELF-PUBLISHING
– Parte Prima
Il
self publishing è la nuova via editoriale? Che proventi può dare? Quali sono le
strade migliori per auto-pubblicarsi a costi zero? Quali piattaforme scegliere
per un e-book di successo?
TUTTI GLI STRUMENTI
PER PUBBLICARE IN PROPRIO
Negli Stati Uniti il
numero dei titoli autopubblicati è triplo rispetto ai titoli pubblicati dagli
editori, che oramai hanno perso il monopolio del settore. Nel vastissimo
mercato anglosassone non mancano i casi di straordinario successo di e-book, diventati
veri e propri casi letterari senza mai arrivare in una libreria.
Hugh
Howey, un ragazzone del North Carolina, commesso part-time,
ha scritto un romanzo di fantascienza, Wool,
e ben quattro sequel, vendendo più di mezzo milione di copie e guadagnando più
di un milione di dollari. E non è tutto: Wool
sbarcherà anche a Hollywood. Alla regia di Sua Maestà Ridley Scott.
L’uomo d’affari John Locke, autore di nove libri, ha
scalato le classifiche Amazon e dal 2009 è riuscito a vendere un milione di
copie, grazia alle avventure di Donovan Creed, uno 007 con la mania delle
donne. Un personaggio che in altri tempi sarebbe stato protagonista di tascabili
da edicola e oggi, invece, conquista il web.
E che dire di Amanda Hocking, ignota adolescente del
Minnesota, che da quando ha reso disponibile su Kindle l’inedito Switched – Il segreto del regno perduto
ha venduto 1,5 milioni di copie? Il suo exploit è stato così travolgente che ha
siglato un accordo con un editore tradizionale, per una trilogia con la stessa
eroina dell’esordio, ottenendo un anticipo di ben due milioni di dollari.
J.A.
Konrath, un autore di medio livello, col self-publishing
ci tira su lo stipendio mensile di un manager. Dal suo seguito blog compie la
sua feroce analisi, profetizzando che gli editori non potranno sopravvivere
alla rivoluzione in atto. «I grandi autori inizieranno a lottare per mantenere
i diritti dell’edizione digitale. Possono ricavarci il 70% contro il 17,5% che
ottengono passando attraverso un editore. Se Locke ha fatto questa richiesta, e
i suoi numeri di vendita sono non dimostrati e a prova di speculazione, la
stessa richiesta la faranno Stephen King e James Patterson.»
Siamo al cospetto di
una rivoluzione copernicana, che ha messo all’angolo le case editrici e le ha
costrette a rivedere le loro strategie imprenditoriali. E’ un po’ come quando fu
inventato il rullo inchiostratore per la stampa. La tipografia, da allora, non
è stata più la stessa.
Nel 2030 esisteranno ancora le case editrici? Saranno
necessarie per gli scrittori? O i futuri Dan Brown creeranno una sorta di
catalogo personale sulla Rete e diventeranno esperti di marketing, sostituendo
gli uffici stampa e cercando con le loro uniche forze di accrescere le vendite?
Perché il bello del self-publishing è questo: che trasforma l’autore in un
editore e in un distributore. L’editore e il distributore di se stesso.
Certo, da noi le cose
vanno più a rilento, ma negli ultimi mesi il self-publishing si sta
professionalizzando e, stando al numero dei titoli usciti, oggi può essere
considerato secondo le ultime stime come l’editore collettivo più importante.
Ci sono però limiti
intrinseci al nostro paese. L’allergia alla lettura di una grossa fetta della
popolazione. La bassa penetrazione tecnologica e lo scarso numero di e-reader
venduti. L’utenza di lingua italiana che non è molto presente nel mondo. Dunque
non ci potranno mai essere i numeri stratosferici degli autori di lingua
inglese, che si rivolgono ad un pubblico molto ampio.
Qualche dato
incoraggiante c’è. Esempi di scrittori che ce l’hanno fatta. L’edizione
digitale de Il Cappotto della Macellaia
di Lilia Carlota Lorenzo ha venduto in
20 giorni ben 1000 copie e si è poi attestato al 1° posto nella vendita tra i
gialli kindle e nei primi posti della classifica generale Amazon.
La
cospirazione degli Illuminati, thriller
auto-pubblicato da G. L. Barone, grazie
al passaparola è stato per mesi nella top ten delle classifiche ebook, prima di
essere opzionato da Newton Compton e di finire al 15° posto del catalogo della
casa editrice romana e al 6° di quello digitale. E’ andata ancora meglio ad Anna Premoli, partita come
self-publisher e poi promossa nelle librerie, sempre da Newton Compton, col suo
interessante Ti prego, lasciati odiare,
per qualche settimana rimasto nella top ten.
Il successo ottenuto
da Emma Books, marchio digitale nato dalla collaborazione tra
Bookrepublic e la nota agenzia letteraria Grandi&Associati, lascia
intravedere enormi possibilità di crescita per l’e-book. Anche se Emma Books
non ha nulla a che fare con l’auto-pubblicazione, ma raggruppa diverse collane (tra
cui prevalgono quelle con venature rosa, hot, glamour e mystery), dirette dalla
navigata Maria Paola Romeo, presenta titoli per lettrici forti, un target di donne
aperte alle innovazioni, e condivide con le esperienze anglosassoni del
self-publishing il desiderio di fare rete, lo spirito di comunity, tra autrici-lettrici
ed il loro pubblico. “In e-book i risultati di vendita premiano, più di ogni
altro genere editoriale la letteratura scritta dalle donne per le donne”, ha
detto Maria Paolo Romeo.
Perché
auto-pubblicarsi
Il self publishing offre
innegabili vantaggi in termini di tempi di pubblicazione. Permette all’autore di
gestire in totale autonomia tutta la filiera, dalla fase dell’editing alla scelta
della copertina fino alla promozione, al marketing e alla distribuzione (eventualmente
utilizzando i servizi messi a disposizione dal sito o improvvisandosi imprenditori
e pubblicitari). Il controllo creativo è tutto nelle mani dello scrittore, che
avrà una chance in più per emergere in un campo difficile e spesso miope, per
farsi conoscere in pochi mesi dal pubblico dei social network, dei blog e della
community, e infine – cosa non
trascurabile – per guadagnare direttamente dalle vendite del suo e-book. L’auto-pubblicazione
infatti fornisce delle percentuali di guadagno, potenziali s’intende, che
nessun editore si sognerebbe di offrire, a discapito della stessa sopravvivenza
di una casa editrice: si va dal 30% all’80% del valore del libro. Che tradotto
in cifre sono soldoni.
La quota più
rilevante delle opere auto-pubblicate appartengono alla narrativa e alla
poesia, e sicuramente la fa da padrone il genere urban fantasy, cliccatissimo.
Anche la non-fiction, la saggistica di attualità e la saggistica professionale,
sono di moda. Pubblicazioni scientifiche, saggi e ricerche in campi disparati, manuali
di cucina, guide salutiste, abbecedari su come tagliare l’erba del giardino,
fare yoga o rilassarsi in cinque minuti sono molto richiesti nel mercato
digitale.
Pubblicare un e-book
è un’ottima occasione per mostrare le proprie doti di scrittore, aggirare le
lungaggini dell’editoria tradizionale, dribblare l’impenetrabilità dei grandi
colossi editoriali, e saltare a piè pari la censura preventiva degli agenti e
la cecità di editor e lettori un po’ frettolosi.
Diciamolo
chiaramente: il 90% degli esordienti ha già proposto la sua opera all’editoria
tradizionale, ha ricevuto una risposta negativa ed è stato cestinato oppure –
nel caso più biasimevole – non è stato neppure preso in considerazione e
valutato, e allora cerca la sua rivincita come il conte di Montecristo,
guardando alle sterminate praterie virtuali e sognando di imitare John Locke.
Ironia della sorte, capita,
rare volte ma capita, che l’establishment editoriale che prima ti aveva
rifiutato s’accorga del picco delle tue vendite on line e alla fine ti accolga
a braccia aperte, come una ragazza volubile che per anni ti snobba e un giorno
all’improvviso prende lei l’iniziativa e ti stampa un lungo bacio in bocca (e
tu la guardi fissa negli occhi e pensi che è matta).
L’invasione
degli ultra-corpi
I siti di self
publishing permettono di accedere alla pubblicazione di un libro senza
barriere, aumentando enormemente la platea di quanti possono pubblicare. Il
libro diventa così una forma libera di espressione delle idee. Ci sono
chiaramente dei limiti anche in un’operazione del genere. Se a costi quasi
nulli si finisce nel mercato degli ebook e se non ci sono controlli sui
contenuti, allora via a pile di manoscritti indigeribili e diamo la stura a un
esercito di aspiranti autori, frustrati da motivati rifiuti editoriali, che
suoneranno il passo di carica sommergendoci delle loro insulse opere esoteriche,
dei loro romanzi di vampiri o dei tomi di fantascienza senza capo né coda.
La democratizzazione
di un processo comunicativo porta all’appagamento dell’ego di persone poco
dotate e ad una banalizzazione del mestiere di scrittore. Chi si autopubblica
dice a se stesso di essere il migliore, non si pone domande sulla reale qualità
del suo lavoro e non si chiede se questo potrà incontrare eventuali lettori
disposti a perderci del tempo sopra (e a pagare per leggere). A premiare il
narcisismo di una foltissima schiera di aspirati scrittori sprovvisti di
talento già ci pensavano le case editrici a pagamento, le cosiddette vanity press. D’altro canto, con il
fenomeno dell’auto-pubblicazione si può senz’altro celebrare la morte, o
l’agonia, di quei furbetti che chiedevano somme ingenti a qualche spirito
ingenuo per concedere loro di vedere il proprio nome stampato sulla brutta
copertina di libri destinati a rimanere invenduti.
Col senno di poi,
oggi c’è chi dice che occorrerebbe mettere dei freni, pensare ad una minima
selezione delle opere, ad un vaglio dei contenuti proposti, perché il già
fragile ecosistema culturale non sia sconvolto da una invasione di libri privi
di senso e di logica. Già se ne vedono troppi simili nell’editoria
tradizionale.
Cosa
significa pubblicare senza un editore
L’autore crea il libro
e lo mette in vendita partendo da un sito o da una piattaforma on line. In
genere non ci sono costi, se non quelli relativi alle copie cartacee che si
decidono di acquistare. Le vendite avvengono attraverso internet e, in alcuni
casi, possono prevedere il coinvolgimento di punti vendita tradizionali, come
le librerie, che raccolgono gli ordini e consegnano la copia ordinata al
lettore. Ormai l’auto-pubblicazione non è più una cosa da sfigati, anche se in
Italia non è stato ancora sdoganato culturalmente. Se si è convinti che quella sia
la strada giusta e si sta lavorando ad un testo interessante, allora si può sfruttare
la Rete per cercare dei beta-reader che diano consigli sull’editing, si affina
la qualità dell'opera (che resta il vostro primo obiettivo), poi chiederete ad un creativo l’elaborazione
del progetto grafico e compirete sotto la vostra direzione, in outsourcing, la
parte migliore del processo editoriale.
Le imprese di self
publishing adottano un sistema di web to
print: permettono agli utenti di stampare un libro partendo da un sito web
e riceverlo a casa stampato. L’evoluzione della tecnologia digitale permette di
stampare un libro con ottima qualità, a basso prezzo e in un numero di copie
limitato. E’ il libro on demand, fornito
su richiesta, senza sostenere investimenti per produrre grandi quantitativi ed
eliminando il costo dei magazzini e gli sprechi legati alla necessità di mandare
al macero le copie invendute.
Ma la vera
rivoluzione del self-publishing è quella di affidare il copyright e i diritti
di sfruttamento commerciale all’autore. Nessuno scrittore cede, neanche
temporaneamente, i diritti di sfruttamento commerciale di quanto pubblicato.
L’opera appartiene al suo creatore al 100%. Gli viene data persino la facoltà
di registrare un codice ISBN (il codice che consente l’ingresso nel catalogo
ufficiale di quanto pubblicato) in modalità “author’s publishing”: così cade
l’obbligo di indicare un editore come responsabile della pubblicazione e l’opera
viene catalogata come “pubblicata da un autore”. Insomma, è finito il tempo
delle vacche grasse per gli editori e, se possibile, si prevedono tempi ancora
più bui per l’industria del libro.
[Nel prossimo post le soluzioni più convenienti per auto-pubblicarsi. Vi
consiglierò le migliori piattaforme di self-publishing e ne spiegherò pregi e
difetti.]
Nessun commento:
Posta un commento
Commenta...