venerdì 31 agosto 2012

QUANTO GUADAGNA UNO SCENEGGIATORE




 

 

 

 

 

 

I compensi  dei professionisti...

Una sceneggiatura quanto viene pagata? 


Questa estate mi sono imbattuto in una discussione in cui qualcuno si scandalizzava dei compensi degli sceneggiatori. “Non è possibile che guadagnino simili cifre e gli operai si spaccano la schiena per 800 euro al mese!”, gridava il più marxista dei miei interlocutori.
Bene, anzi male. Guardiamole da vicino queste cifre così esorbitanti da generare indignazione tra i comuni mortali.

Anzitutto i compensi sono estremamente variabili e hanno una forbice elevata. Parliamo di televisione.
Ufficialmente una puntata di 50 minuti viene pagata allo sceneggiatore 12-15.000 euro e una puntata di 100 minuti 23-25.000 euro. Questo il cachet medio di Rai e Mediaset. Al lordo. Le varianti al ribasso, però, sono all’ordine del giorno e ci sono produttori televisivi che hanno mantenuto le stesse quotazioni dal 2002 a oggi, cioè 10.000 euro per la pezzatura da 50 minuti e 20.000 euro per gli episodi da 100 minuti, senza aumentare di una virgola i compensi degli autori nel corso degli anni, anche se per le loro aziende i profitti crescevano vertiginosamente.
Badate, queste sono quotazioni da giudicare “basse”, se confrontate con quelle di altri paesi. Ad esempio in Inghilterra danno 50.000 sterline e in Francia 35.000 euro per una puntata da 50 minuti, e tutto in ottemperanza a vincoli sindacali sotto i quali difficilmente si scende.
C’è da specificare che nel campo italiano non ci sono regole certe per l’attività degli scrittori e non esistono neppure blande protezioni della categoria. L’altra faccia della medaglia è che esiste una precarietà psicologica e lavorativa a cui sfuggono solo i grandi nomi e le penne più famose. Un professionista di medio livello, uno dei tanti, può prendere un lavoro ben remunerato e dopo averlo esaudito aspettare mesi e mesi prima che si concretizzi un’altra occasione e trovi un altro committente. Quindi i margini di guadagno si assottigliano, perché da spalmare nei mesi di disoccupazione. Poi uno sceneggiatore non ha tredicesima, non ha garanzie sindacali, non ha un salario sicuro, non può aspirare a una pensione. Inoltre, elemento non trascurabile, può essere cacciato da ogni fase del lavoro senza preavviso e senza nessuna tutela di sorta. Potete essere bravi quanto vi pare, ma se vi mostrate insubordinati, se risultate antipatici ai vostri superiori o se non ridete alle battute del capo, c’è la possibilità di beccarvi il modesto conguaglio della “rata firma” e ve ne tornerete a casa a leccarvi le ferite. Da ciò deriva per deduzione logica, come un assioma incontrovertibile, che questa è una categoria conformista e lecchina e che non troverete mai uno sceneggiatore che parlerà male di un produttore o dei suoi collaboratori.
In tempo di crisi, poi, il borsino dei numeri cambia. In Italia i compensi sono calati anche del 30% e si sta sviluppando nelle case di produzione più strutturate la pratica di far scrivere le scalette al personale interno, per rosicchiare altri 2.000 euro al budget di sceneggiatura togliendo una voce di pagamento tra le tante. In tal modo la scrittura di 50 minuti costerebbe in tutto al produttore 8.000 euro lorde chiavi in mano.
Si diceva, beninteso, che le firme eccellenti, quelle dei grandi nomi, sono escluse dalla suddetta gara al ribasso. Cito dalla fonte autorevole della rivista Tivù:
Per avere una sceneggiatura di Umberto Contarello, produttore e network sarebbero disposti a sborsare 60 mila euro a puntata (miniserie da 6x100’): esattamente il doppio di quanto percepirebbero un autore mediamente noto lavorando alla medesima pezzatura (30mila euro a puntata). Andrea Purgatori, leader dei 100Autori, percepirebbe tra i 120mila e il 180mila euro totali per scrivere due episodi da 100’. Giancarlo De Cataldo chiederebbe tra i 120mila e i 140mila euro. Non è previsto alcuno sconto per l’accoppiata Rulli&Petraglia, il cui compenso complessivo è di 240mila euro per una 2x100’. In rialzo le quotazioni del sempre più richiesto Francesco Arlanch, che veleggia sui 120 mila euro a miniserie.   

Arriviamo al cinema, la grande fabbrica di celluloide. Croce e delizia della italica “economia” (Quale?). Per il grande schermo il potere contrattuale dello sceneggiatore si fa ancora più determinante e, nella solita assenza di regole, le cifre ballano in maniera pazzesca. Se non conti, se non sei nessuno, sei schiacciato come una formica. Non puoi trattare sulle tue condizioni di lavoro.
Anzitutto diremo che un autore alle prime armi non viene quasi mai pagato. Il lungometraggio degli esordi è spesso considerato un biglietto da visita, qualcosa che lo aiuterà nella carriera, e non gli viene riconosciuto lo status di “lavoro”.

Invece, tornando alle cifre globali, il soggetto cinematografico firmato da uno sceneggiatore di medio calibro viene pagato 8-10.000 euro e la sceneggiatura completa del film 50.000 euro.
La macchina del cinema però segue prassi lavorative meno sbrigative di quelle standardizzate della televisione e dunque comporta tempi più lunghi. Insomma, si perdono mesi. Spesso lavorare in team significa dividere il compenso con altri sceneggiatori e col regista, che oltre a firmare il copione senza fare granché spaccherà il capello in quattro.
Ma i parametri che fanno la differenza sulla retribuzione sono:
- se il film è destinato a una fascia alta del mercato;
- se lo dirige un regista famoso;
- se c’è un attore di grido;
- se lo sceneggiatore viene da precedenti successi.
Quest’ultimo è l’unico fattore direttamente dipendente dallo scrittore. Ma se esiste anche uno dei parametri elencati, potrai beneficiarne. Se stai scrivendo un cinepanettone di Boldi e De Sica, puoi essere anche uno sconosciuto ma dovranno pagarti commisuratamente al prodotto.

La morale piuttosto amara che si potrà trarne è che al copione in sé non viene attribuita alcuna dignità e che il lungometraggio non è giudicato in base al progetto, ma semplicemente in base a chi costruisce le basi economiche del progetto (produzione, regista, attori).

Citiamo qui di seguito una serie di diplomatiche risposte di importanti sceneggiatori italiani.

La sceneggiatura non ha valore in sé. Viene pagato lo sceneggiatore. Le mie prime sceneggiature sono state pagate praticamente niente: le successive – specie dopo l’Oscar – sono state pagate di più. Conta anche, ovviamente, il regista per il quale scrivi. E la produzione che è in gioco. (Enzo Monteleone)

Per quello che ne so si può andare da 50.000 euro fino a 100.000 euro per i film di sicuro successo. Lo spettro è molto ampio. Io sto felicemente nel mezzo. (Francesco Bruni)

Io sono privilegiato perché sono uno che con i film incassa molti soldi e quindi guadagna. Però la maggior parte degli sceneggiatori in Italia guadagna poco. E’ una categoria molto bistrattata. Una sceneggiatura mediamente viene pagata non più di 50.000 euro. E magari sono in due o in tre a scriverla passandoci sopra anche sei mesi. Quelli pagati saranno sette, otto, in tutta Italia. (Giovanni Veronesi)

Questo veloce excursus dà la misura di come l’interpretazione dei numeri e la percezione esterna all’ambiente siano fondamentalmente sbagliate.
Al mio interlocutore di una afosa serata siciliana vorrei dire che lo sceneggiatore, uno sceneggiatore che non si chiami Purgatori o Rulli, uno screen-writer attivo sul nostro pulciaro “mercato”, è e resta un privilegiato non perché incassa cifre astronomiche, alla conta dei fatti inverosimili, ma perché fa il mestiere più bello del mondo. Quello di creare storie. 

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