Il vincitore
doveva essere The Master di Thomas Anderson!
Invece il premio è andato a Pietà di
Kim Ki-duk.
Sul palco della premiazione gaffe e scivoloni imbarazzanti. In conferenza stampa un
tirannico Michael Mann mette a tacere Garrone. E’ successo veramente di tutto
in questa edizione del festival.

La
giuria aveva deciso di assegnare il
Leone d’oro a The Master, film
controverso ispirato al fondatore di Scientology. E’ partita addirittura una
telefonata da Venezia in America per avvertire il produttore e il regista della
premiazione che si sarebbe celebrata in loro onore al Lido. Ma, subito dopo, la
giuria presieduta da Michael Mann ci ha ripensato. Come ha candidamente ammesso
il regista americano “per il regolamento della Mostra, che non
permette Leone d’oro e premi agli attori, abbiamo deciso un
buon modo di premiare totalmente The
Master, con un principio di equivalenza, dando regia e attori”. Quindi il
primo grosso pasticcio è stato decretare un vincitore e poi smentirsi, per dare
a The Master come consolazione il
premio per la miglior regia. Allora, in un clima febbrile e paradossale, si è
proceduto a ripescare il film di Kim Ki Duk,
Pietà, un capolavoro assoluto e intenso, ma anche un’opera da cinefili che
avrebbe fatto storcere il naso a qualche giurato.


La cerimonia per fortuna volge al termine e il leone d'oro viene dato al ripescato, Kim Ki-duk, mentre tutti si spellano le mani. Come ciliegina sulla torta, per ringraziare il pubblico, il regista vincitore intona una canzoncina coreana soporifera con cui ammorba per qualche minuto gli esterrefatti spettatori e infine alza il pugno verso i fotografi. Fine dello spettacolo.
Alla conferenza
stampa post premiazione Michael Mann spiega: “Abbiamo lavorato con grande
attenzione. Volevamo dare il Golden Lion a 18 film! Ma a Venezia non si può!”. Alla
domanda “Ma come sono stati giudicati i film italiani?” avrebbe
voluto rispondere Matteo Garrone, l’unico giurato tricolore, ma il dittatoriale
americano gli toglie la parola e afferma: “Non dovete richiedere la stessa cosa
a un singolo membro della giuria mettendolo in imbarazzo. Il processo della decisione
è privato e non intendiamo parlarne qui”.
La morale (amara) è che un bravo regista può essere anche un pessimo presidente di giuria, che dovremmo far organizzare i festival a chi li sa fare e, come al solito, l’Italia è rimasta a bocca asciutta, in fatto di esterofilia il neodirettore Barbera mostra una inquietante continuità con Müller e i produttori italiani sono venuti al Lido per prendersi un po’ di fresco e vedere il cinema estero...
Alla prossima edizione!
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