domenica 23 giugno 2013

AUTORI DI WEB-SERIES E CREATIVI ARRABBIATI: IL FUTURO DELL'AUDIOVISIVO E' VOSTRO!

Decine le manifestazioni che aprono alle web-series: dal Roma Web Fest al Linea D’Ombra Festival fino al WebSeriesFest,  Procida FilmFestival, CortinaMetraggio,  e Campi Flegrei Web Series Fest, oltre all'appuntamento al RomaFictionFest. Molti addetti ai lavori auto-producono fiction digitale e cresce il numero di utenti votati alla Rete. La televisione e il cinema sono agonizzanti. Siamo vicinissimi ad un giro di vite. Forse Rai e Mediaset decideranno di investire sul web (anche se la cancellazione di "uMan" e "La scimmia" non depone a favore di un cambiamento culturale).
Ma perché le web-series hanno un potere emotivo così forte? Quali sono le ragioni per cui si è formato un sostanzioso patrimonio di fiction digitale? Perché tanti creativi si cimentano col nuovo mezzo? 
Ecco cinque buone ragioni per snobbare cinema e tv. Ecco un manifesto per la web-fiction del domani.    

Cinque buoni motivi per diventare youtubers 
Proviamo ad analizzare le ragioni che spingono giovani e meno giovani verso l’innovazione tecnologica e cerchiamo di capire quali vantaggi ci saranno nella trasformazione del mercato dell’audiovisivo.     

Avere bassi costi di realizzazione
La ragione più ovvia per cui il digitale si è affermato rapidamente è perché costa poco.  La “leggerezza” del mezzo, la facilità della messa in scena e la possibilità di intervento sulle immagini in post-produzione ha portato a snellire l’equipe che lavora attorno ad un film e a ridurre notevolmente i costi della macchina produttiva. Dopo la digitalizzazione del medium la stessa esperienza cinematografica ha perso la sua centralità e la sala rappresenta oggi una delle tante possibilità di sfruttamento di una storia. Entra in crisi la vecchia pratica di “andare al cinema”, diminuiscono i ricavi derivati dagli esercizi e proliferano modalità di fruizione diverse: l’home video, il DVD, i network generalisti, i canali digitali, la pay-per-view, la proiezione sull’aereo, le trasmissioni sul cellulare, il video-on-demand attraverso internet.


Essere indipendenti rispetto a 
tematiche e gruppi di potere  
Youtube permette a chiunque di creare qualsiasi tipo di materiale. Una serie italiana che parla di superpoteri non avrebbe riscosso approvazione dalle produzioni che si fanno intimorire facilmente. In questo modo non abbiamo dovuto convincere nessuno nel credere a questo progetto se non noi stessi. E siamo stati spinti da un solo obiettivo: intrattenere le persone gratuitamente e con qualità.  Questa è la dichiarazione di uno degli autori di Freaks, la serie che nel 2011 ha spopolato sulla Rete. Non ci vuole molto per capire che per un creativo che si affaccia nel mondo della televisione o per un professionista che elabora idee anti-convenzionali la lunga serialità oppone due tipi di sbarramenti. C’è in primo luogo la difficoltà ad entrare in clan e gruppi di potere, che impediscono l’ingresso di persone estranee alla comunità e perpetuano modelli autoreferenziali, e in secondo luogo l’impossibilità di trattare tematiche scomode e di usare un linguaggio sciolto da vincoli di obbedienza sociale e ideologica.

La web fiction garantisce all’autore di rimuovere gli ostacoli che frenano lo sviluppo di idee nel campo televisivo e cinematografico. In Italia pochissime imprese – si possono contare sulle dita di una mano – forniscono la totalità dei prodotti e si affidano ai soliti registi e sceneggiatori senza mai rinnovare il loro parco creativo. Chiamatele lobby, oligarchie, tribù, o come volete, ma in un regime che si cristallizza e si va restringendo, per via della recessione, non c’è spazio per gli outsider. Invece se si ha la fortuna di vedersi commissionato un lavoro dalla televisione, occorre scegliere soggetti che vadano bene per una serie nazional-popolare e contengano eventi che possono essere mandati in onda in prima serata. I mass media sono obbligati dalla loro stessa configurazione a comunicare al minimo comune denominatore, elaborando cliché decifrabili. I dirigenti di Rai e Mediaset hanno in mente un pubblico formato da bambini, anziani, casalinghe e persone poco istruite. 
Fino a non molto tempo fa la gestione dei media diretti al grande pubblico era esclusiva dei professionisti. Chi non oltrepassava una serie di filtri sociali gestiti da severi “controllori” (direttori, editori, produttori, ma anche politici e così via) non era autorizzato a rivolgersi ad una platea degna della società di massa[1].  Ora grazie al web tutti sono liberi di esprimersi come desiderano. Le serie nascono prive di asservimento, di auto-censure e dei pedaggi che si pagano per lavorare nello spettacolo. I prodotti fai-da-te scavalcano le prerogative del professionismo. Coniano un linguaggio in sintonia con i nostri giorni, affrontano temi ruvidi e scottanti e si rivolgono ad un pubblico consapevole, senza incorrere in divieti o restrizioni. I produttori che continuano a vivere di posizioni di rendita non riusciranno ad arginare il movimento che partendo dal basso sconvolgerà la fabbrica dello spettacolo. Ignorare la rivoluzione in atto non servirà a niente.  


Contare su un mercato in crescita
Nel 2012 ben 5,6 milioni di utenti hanno guardato contenuti video. Ma chi sono le persone che vantano maggiore dimestichezza con l’informatizzazione? Il 90% dei giovani. E poi laureati, diplomati, impiegati, insegnanti, imprenditori e lavoratori autonomi. Un pubblico istruito e dal profilo qualificato. Un mercato che cresce in via esponenziale e che rappresenta un ottimo target per le aziende pubblicitarie. Una nuova specie di spettatore, con redditi alti e gusti elevati, che ha aspettative che non vengono soddisfatte né dal cinema d’autore né da una televisione nazional-popolare. Uno spettatore che chiede prodotti diversi da quelli che offrono le sale e l’elettrodomestico di casa. Una audience raffinata ed esigente che si rifiuta di vedere le serie standardizzate dei canali generalisti e non si reca nella sala cinematografica a vedere il mortifero e piagnone "cinema d'autore". Chi sarà in grado di intercettare le quote di spettatori che fuggono dai media tradizionali? Naturalmente internet. 

Usare tecnologie immersive e interattive
Il cyber-spettatore compie una visione selettiva delle scene, comincia e finisce la fruizione di una storia nei punti che sceglie e decide quale puntata vedere di una serie. E’ chiamato a dare la sua opinione. Si costruisce un percorso di lettura e si muove a suo piacimento all’interno di un iper-testo aperto a modifiche. Altre volte viene coinvolto direttamente nella produzione di senso del racconto. In una estetica ibrida, tra arte e scienze, web-series come Lost in Google e Days sollecitano la curiosità degli utenti, offrono opzioni narrative integrabili, riflettono sulla loro natura testuale e cercano di ribaltare il ruolo dello spettatore, affidandogli una funzione di “creatore di storie”. Si prospetta così una forma di narrazione che coinvolge gli utenti con una fruizione diversa. Non più quella passiva del flusso televisivo e della visione di un film in una sala. Condivisione e partecipazione sono le parole d’ordine. Gli autori di web entertainment applicano tecniche eclettiche, plasmano i contenuti a seconda dei percorsi personali dei loro fruitori e favoriscono l’interazione, esortando gli spettatori a commentare, a suggerire soluzioni di racconto o lasciare un “like” su una bacheca virtuale.
Oggi un artista può attraversare i confini dei media riconosciuti. Può sfruttare internet come il segmento di una comunicazione integrata e distribuita su diversi media. Coinvolgere tv, cinema, Dvd, videogames, telefonia, radio ed editoria, come entità di un progetto comune. Può far rivivere personaggi letterari o televisivi di successo su una web-serie. O prendere il protagonista di una web fiction e ideare per lui una striscia animata per l’app di un cellulare. Le opzioni sono infinite. In questo senso una web-serie può essere intesa come il supporto di una vasta progettualità narrativa. La crossmedialità è intrecciare televisione, internet e twitter, ad esempio, e collegarli tra loro per una cross-platform che valorizzi il prodotto e amplifichi la risonanza su più livelli. 


Raccontare storie complesse
Da The Sopranos a The wire fino a Six feet under, le creature del canale via cavo americano HBO ci hanno abituato a costruzioni dense di significato che superano i modelli ripartiti in tre atti e offrono possibilità di variare e di inventare. Le produzioni di altri network sono state influenzate da questa corsa all’originalità ed hanno contribuito ad elevare il piccolo schermo a standard qualitativi mai visti prima. Desperate housewives, Lost e Mad Men hanno fatto dire a Bernardo Bertolucci che c’è più cinema nelle serie americane di quanto non ve ne sia nel cinema europeo odierno.
Gli ha fatto eco il critico Aldo Grasso, che ha scritto: Non c’è mai stata una televisione tanto vitale, intelligente e ricca di risonanze metaforiche e letterarie come l’attuale. Sembra quasi un paradosso ma spesso si fa fatica a trovare un romanzo moderno o un film che sia più interessante di un buon telefilm.
La migliore serialità catodica sembra avere incorporato dentro di sé le dimensioni dell’epopea romanzesca e le istanze della drammaturgia cinematografica. Gli episodi televisivi si offrono come parti di un insieme più vasto e assumono la complessità dickensiana e il realismo del romanzo vittoriano, sia la vocazione al grande spettacolo dei film hollywoodiani[2].
La web-fiction, in quanto continuazione e sviluppo di un discorso seriale adulto, raccoglie l’eredità dei maestri della narrazione come Matthew Weiner, David Chase e Alan Ball e ha l’arduo compito di proseguire la sperimentazione linguistica e tematica delle narrazioni audiovisive del XXI secolo, proponendosi nel contempo come uno spazio di ricerca indipendente.
Sulla rete come in televisione, serialità non vuol dire solo ripetizione e standardizzazione, ma anche tecniche sofisticate di un racconto “disteso”. Procedimenti formali che si evolvono da modelli alti. Citazioni dalla grande letteratura, dal grande cinema e dal grande teatro. Riflessioni mai banali sull’adolescenza, sulla crescita, su desideri e bisogni umani, sul passaggio del tempo, sulla morte e sulla frantumazione dei rapporti sociali. Perché la vita contemporanea è tutte queste cose, è molteplice e irriducibile, e la lunga serialità può insegnarci molto su quello che siamo come esseri umani e su quello che vorremmo essere.




[1] G. Bartorelli, Art/Tube. L’arte alla prova della creatività amatoriale, Cleup, Padova, 2010, p. 19
[2] Gli studi sulla televisione hanno sempre rivolto l’attenzione sui presunti mali della cultura popolare e sul meccanismo industriale della serialità. Teorici e critici hanno enfatizzato l’impatto negativo del mezzo televisivo sulla società moderna. Solo recentemente le discipline televisive sono entrate nelle università e si è riscoperta l’originalità delle serie americane e inglesi con un fiorire di interessanti saggi critici. Tuttavia permane l’atteggiamento snobistico da parte di molti intellettuali ed un approccio di tipo apocalittico che vede in tutti i prodotti della tv un supporto all’ideologia dominante.   

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