La recensione
della web fiction Una mamma imperfetta
di Ivan Cotroneo.
Il primo prodotto “istituzionale” della Rai 2.0 al vaglio del
Visionario e del giudizio degli internauti.
IL PLOT PERSO PER STRADA
Gli ingredienti per il successo di Una mamma imperfetta sembravano esserci
tutti. Ivan Cotroneo, uno sceneggiatore che ha al suo attivo interessanti
serialità e una delle poche voci originali nell’asfittico panorama televisivo;
la produzione della Indigo Film, società cinematografica coraggiosa e
debitamente inserita nel circuito nostrano; la partnership del sito del
Corriere della Sera, da anni provato sul settore crossmediale; infine l’appoggio
economico di “Mamma” RAI, disposta a mettere sul piatto un po’ di quattrini
sperimentando in un campo nuovo (nuovo almeno per il network, spesso tacciato
di elefantiasi e passatismo).
Eppure la serie su una mamma scoppiata e
nevrotica che si arrabatta nella gestione familiare delude tutte le aspettative
e, a mio personale giudizio, regala solo sbadigli.
Il suo maggiore difetto è rinunciare completamente
al racconto. I webisode da 5-8 minuti de Una
mamma imperfetta non contengono storie forti, non stimolano gli spettatori
a chiedersi cosa succederà, non sviluppano un intreccio, ma sembrano una
riflessione a cuore aperto sul ruolo della mamma nella società moderna. Sono un
concept album di sequenze, confessioni e illuminazioni che pongono domande
pragmatiche sulla vita dei personaggi e ruotano intorno ai grandi temi
dell’istituzione familiare. Solleticano l’intelletto, ma ben poco la pancia e
il cuore dell’utente. E dire che le web-series, per la natura del medium e per
la brevità del format, dovrebbero essere un pugno nello stomaco degli
spettatori, andare subito al dunque e… tac!, colpire con irruenza.
OMERO SULLA RETE
Luciano Massa, producer della Show Reel,
diceva poco tempo fa che la chiave del successo di Freaks sta nella età e freschezza di tutte le persone che hanno
lavorato alla serie on-line. Quindi: prodotto giovane per pubblico giovane
(20-35 anni).
Invece ne Una mamma imperfetta la targettizzazione del prodotto è stata
spostata di un’asticina, sulla fascia di pubblico di 35-45 anni, e andando a
restringere le quote sul pubblico femminile, preferibilmente di estrazione
sociale medio-alta. Vedendo la serie mi sono detto ad alta voce “io non sono
così”. Non solo non scatta l’identificazione con la protagonista, anzi dopo i
primi minuti si comincia a detestarla, questa donna con bassissima autostima,
frenesia nevrotica, intellettualismo d’accatto e vezzi radical chic. E si ha
voglia di prenderla a schiaffi, lei e le sue amiche. Non sto qui a argomentare
se questo spaccato di donne sull’orlo di una crisi di nervi sia realistico. Il
guaio è che il mondo costruito dalla fiction non acchiappa. Il primo
drammaturgo nella storia dell’umanità sosteneva che fosse meglio un impossibile
verosimile che un possibile a cui è difficile credere. Cotroneo sembra parlare
più alla sua pancia e alla sua gente. Gente della sua generazione. E non riesce
a farsi architetto di un universo coinvolgente, distillando pensieri e
brillanti divagazioni che non fanno storia.
Lucia Mascino, Anna Ferzetti, Vanessa
Compagnucci, Alessia Barela, Fausto Sciarappa e Biagio Forestieri ce la mettono
tutta con le loro interpretazioni per non apparire fuori luogo, ma hanno sempre
l’aria spaesata di chi pensa “Oddio, dove sono finito”.
Un linguaggio sciolto, l’eliminazione della
famosa “quinta parete”, la filosofia della famiglia declinata in divertenti
regole e le tante invenzioni degna di nota (ad es. l’interazione col pc e la
mamma che blocca la famiglia col telecomando) non bastano a riscattare una
serie un po’ borghesuccia e poco plottistica che forse troverà la sua
collocazione naturale in una fascia di seconda serata di Rai Due.
UN PRODOTTO CHE NON SCALDA
Per la prima volta in Italia abbiamo un
prodotto digitale finanziato dalla RAI, un prodotto che esce dalla semi-amatorialità di
tante web-series, ed è progettato per un forte impatto sulla rete. Ora, fonti
imprecisate dicono che Una mamma
imperfetta ha registrato 120.000 visualizzazioni nei primi 4 giorni. Non
essendoci una controprova, diamo per buone queste cifre che sono state
presentate da chi ha realizzato la serie.
La cosa che colpisce è il numero basso di
commenti delle spettatrici, rispetto al numero di download. Sono una trentina
di commenti a episodio, che in alcune puntate scende ad una dozzina. Se molti
utenti non hanno voluto lasciare la loro opinione su ciò che hanno visto, si
ricava la sensazione che la puntata li abbia lasciati un po’ freddini. Ed è
l’impressione che ha fatto anche a me, di esercizio virtuosistico, divertito e
a tratti anche divertente, ma sterile e fine a se stesso, senza l’urgenza e la
forza d’urto di una Felicia Day o di altri casi-feticcio del mondo web-seriale.
Per fare un bilancio dell’accoglienza di Una mamma imperfetta è ancora troppo
presto. Ma qui si può ricordare che un prodotto indipendente come Freaks ha totalizzato otto milioni di
spettatori e, tanto per fare un paragone con una serie prodotta da una casa
televisiva, la prima puntata di Kubrick
ha fatto il bottino di 180.000 visualizzazioni in quattro giorni e oggi sta a
690.000 visualizzazioni, con più di seicento commenti positivi.
CONCLUSIONI
L’auspicio è che Mamma RAI torni a
investire sulle web-series, come ha già annunciato, e magari investa in quei
giovani youtubers provati nel settore, in professionalità acquisite nel
digitale e nella crossmedialità, senza pescare nel solito parco creativi over
40. Sarebbe fantastico vedere sul palcoscenico digitale una serie che abbia
caratteristiche del medium, autori nativi che colgano i nessi con i social
media e sfruttino le potenzialità di una piattaforma estendibile, storie che
sappiano parlare alla platea internettiana, nuove tipologie di racconto in
tempi di visione ristretti e nell’ubiquità della fruizione.
Per chiudere, con le parole di un esperto
di mass media, «se si dimostreranno capaci di fare luce anche su quei temi fino
ad ora marginali o trattati con molti pregiudizi, le web series potrebbero non solo cominciare a
dare filo da torcere alle narrazioni mediali “tradizionali”, ma anche
cominciare a svolgere una vera e propria funzione di cambiamento culturale».
Il Visionario
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