Alla scoperta dello
scrittore francese che ha posto le basi del “noir mediterraneo” e influenzato
schiere di autori, da Carlotto a Markaris.
Jean-Claude Izzo e la sua trilogia marsigliese.
Perchè lo sbirro Fabio Montale, il classico duro dal cuore tenero, protagonista di tre polizieschi di Izzo (Casino
totale, Chourmo, Solea), è ancora oggi un personaggio di culto.
“Scrivere gialli non
è un altro modo di militare. E’ solo una maniera di trasmettere i miei dubbi,
le mie angosce, le mie felicità, i miei piaceri. E’ una maniera di condividere”,
disse una volta Izzo. Eppure, a leggere i suoi romanzi si ha la
sensazione che se da una parte lo scrittore marsigliese non è riuscito a
cambiare la società con la sua militanza politica, dall’altra ha cercato di
farlo a colpi di penna, evidenziando le aberrazioni di un mondo che lo
disgusta.
L’AUTORE
Di umile famiglia, Jean-Claude
Izzo nasce a Marsiglia nel ‘45 da padre italiano e madre sivigliana. Milita nel
Partito Comunista, collabora con il giornale “la Marseillaise” e pubblica una
raccolta di poesie. Nel 1987 si trasferisce a Parigi dove affianca l’attività
di giornalista e sceneggiatore a quella di organizzatore di eventi letterari.
Nel ‘93 pubblica su una rivista il racconto che poi diventa il suo primo libro,
Casino Totale, uscito nel 1995 nella collana Série Noir
dell’editore Gallimard.
L’ESORDIO
L’esordio è una rivelazione. Del libro saranno vendute
solo in Francia 140 mila copie. Izzo non presenta nessun enigma da risolvere né
tanto meno un finale consolatorio. C’è solo l’ansia di verità del commissario
Montale che ha visto morire gli amici di un tempo e torna a Marsiglia per
vendicarli. Una sfida con un oscuro assassino. Una sfida che prevede abilità
fisica, intelligenza e capacità di previsione. Montale è un poliziotto dei
quartieri poveri con la tendenza a fare troppo l’assistente sociale. Quello che
incontra sulla sua strada è un “merdaio”. Si sente un disadattato, un perdente.
Ma la vita si prende talvolta delle rivincite e offre quando meno te lo aspetti
delle piccole cose che la rendono godibile: il tramonto, il mare, la pesca, le
amicizie sincere. Per dirla con Montale: “ho
passeggiato per il Panier, bevuto un Pastis in un bistrot, ordinato una
bouillabaisse, assaporato il profumo del mare”.
IL PERSONAGGIO DEL CICLO
MARSIGLIESE
Come dirà Izzo in un’intervista “Montale,
oltre ad essere un omaggio al poeta di Ossi di seppia, è un
poliziotto figlio di immigrati che crede ai valori e alle virtù della
repubblica, quindi è un poliziotto dal volto umano, quasi un educatore. Uno
che vuole capire prima di condannare. E’ forse per questo che alla fine lascia
la polizia. Non credo agli eroi che vincono. In questa società siamo tutti
sempre perdenti”.
Nel ciclo narrativo che si dipana
abbiamo l’impressione che ci sia una identificazione totale dell’autore con il
suo personaggio letterario. “Montale più
scopre gli orrori della società, la violenza e l’ingiustizia, più diventa un
intransigente difensore dei valori di giustizia in cui crede. Ma al contempo è
sempre più isolato e perdente, perché i suoi valori – che poi sono i miei –
oggi purtroppo non sono certo dominanti” (Izzo).
La fascinazione verso la trilogia di Montale sta tutta
qui, nel ritratto di uno sconfitto, privo di illusioni e senza avvenire. Ma
anche nella costruzione romantica di un mito. L’eroe dotato di una coscienza
civile. L’individuo solitario, che non rinuncia a lottare contro chi è più
forte. E poi c’è anche l’uomo che, nella sua quotidianità, ama la buona cucina,
i vini, la letteratura e le belle donne.
Fabio Montale non è affatto rozzo
e culturalmente sprovveduto come molti poliziotti letterari. Con qualche
forzatura e generosità Izzo fa posto nell'ampia formazione del personaggio alla
musica (da Bob Dylan a Gianmaria Testa, da Leo Ferré a Paolo Conte) e ai libri
(da Conrad al poeta Louis Branquier, da Glissant a Cesare Pavese). Il suo
creatore ha scritto: “ognuno trova in
Montale l’amico che cercava, un amico capace anche di soffrire profondamente e
perfino di piangere di fronte agli orrori umani di cui è testimone”.
GLI ALTRI VOLUMI DELLA TRILOGIA
Con il successo della sua prima
opera, a 50 anni suonati Izzo si vede riconoscere il suo talento. Incitato
dall’editore, continuare a scrivere le gesta di Montale. Pubblica Chourmo
(1996) e Solea (1998), in cui il protagonista abbandona la polizia ma
non rinuncia a risolvere casi dove la mafia va a braccetto con la politica. Il
secondo e il terzo volume della trilogia alzano il tiro e seguono un percorso di
indagini che arrivano fino alla macro-criminalità, esplorando i traffici di una
città multietnica, le trame internazionali e i collegamenti fra mafia e
colletti bianchi. Ne emerge un ritratto vivido e tridimensionale di Marsiglia.
Una città violenta, con le periferie dilaniate dai conflitti sociali, i
razzisti del Fronte nazionale, una polizia corrotta e impotente, il racket
della droga e quello degli appalti per la costruzione del nuovo porto
turistico. Ma anche un luogo solare e poetico, con il silenzio del mare, una
luce crepuscolare, e quartieri vivaci che rappresentano un crogiuolo di lingue,
di razze e di culture.
LA PROSA UN PO’ VECCHIOTTA E LA
VISIONE RINNOVATA
Dal punto di vista letterario la
prosa di Izzo è svelta e semplicistica. Talvolta stride con i momenti più
sospesi di ricercatezza poetica. Le citazioni e le riflessioni di Montale
spezzano il ritmo sincopato della narrazione. Il tono nostalgico è troppo
insistito e risulta datato. C’è un immaginario fatto di cliché e che suona di
maniera. Eppure Izzo piace ancora e potete scommetterci che conquisterà il
pubblico di domani. Piace soprattutto a quelli che non leggono gialli e non
amano gli intrecci di detection. Si tratta di uno dei rarissimi casi in cui la
“voce” del narratore passa in secondo piano. E’ la sua “visione” che rapisce
e frastorna. E’ il suo modo di guardare le cose che affascina, il suo punto
di vista sul mondo. Carnale e materico. Uno che prende di petto le persone. Che
restituisce profumi e colori. Che assedia la realtà.
Nei suoi libri potete incontrare
illuminazioni improvvise come il passo seguente.
“A volte succede,
per strada. Si incrocia lo sguardo di una donna e ci si volta nella speranza di
incrociarlo di nuovo. Senza chiedersi se quella donna è bella, com’è fatto il
suo corpo, quanti anni ha. Solo per quello che passa attraverso lo sguardo, in
quell’istante: un sogno, un’attesa, un desiderio. Tutta una vita possibile.”
Izzo è fatto così. Prendere o lasciare.
Le sue storie trasudano passione
civile. Il suo eroe, Montale, non si piega e punta il dito sui responsabili
della corruzione dilagante. In lui l’impegno si sposa con una analisi penetrante
dei rapporti di potere, in un nichilismo dissacrante che si ferma a un passo
dal qualunquismo.
“L’umanità intera mi usciva dagli occhi. Tutte quelle storie non erano
altro che la parte più infima della schifezza del mondo. Su grande scala: guerre,
massacri, genocidi, fanatismo, dittature. C’era da credere che, venendo al
mondo, il primo uomo si era sentito talmente fregato che nutriva solo odio. Se
Dio esiste, siamo dei figli di puttana”.
IL NOIR MEDITERRANEO COME EREDE
DEL REPORTAGE
I libri della trilogia nascono
con l’urgenza di raccontare la malavita marsigliese e gli intrecci affaristici
perpetrati da anni ai massimi livelli. E il tutto nell’indifferenza generale.
Se il giornalismo d’inchiesta ha le armi spuntate, e la precedente
esperienza redazionale si è rivelata per Izzo un fallimento, ecco che la forma
romanzo, con la sua fecondità creativa e la sua maggiore godibilità, gli viene
in soccorso. Invece di scrivere noiosi reportage sulle grandi organizzazioni
criminali, saggi che poi leggeranno pochi e affezionati lettori, Izzo decide di
affrontare la scottante e ruvida materia coniugandola con la fiction. Alla base
del lavoro c’è l’inchiesta, la documentazione, l’analisi dei fatti,
l’individuazione di un problema sociale e politico. Per consegnare questa verità
a un target più ampio, per rendere la sua denuncia esportabile, Izzo la
condisce di una parte inventata, di eroi coinvolgenti e di trame serrate. E’ un
metodo di costruzione che nel corso degli anni diventerà prassi e arriverà fino
ai nostri, utilizzato anche da molti scrittori nostrani come Machiavelli,
Lucarelli e Carlotto.
Izzo ne è l’inventore. Usa un
linguaggio crudo e diretto che non fa sconti a nessuno. La sua letteratura “di
testimonianza” invita al dissenso e all’indignazione. Spiattella sotto il naso
del lettore una morale amara. La vecchia mafia di una volta è diventata
imprenditrice, ci dice Izzo. Lo sanno tutti, anche quelli che fingono di non
sapere. Le multinazionali del crimine regolano la vita di Marsiglia e del
paese, esportano i loro capitali e hanno un potere finanziario inimmaginabile.
Izzo così si unisce alla folta
pattuglia di scrittori francesi “sovversivi”, da Pierre Sinac a Marc Villard,
da Pascal Dessaint a Manchette, che teorizzano sulle pagine dei loro romanzi
che da tempo la criminalità sia entrata tra le componenti economiche della
Francia e raccontano senza peli sulla lingua il momento preciso in cui la mafia
estende i suoi tentacoli nella società civile e arriva a impregnare il vivere
comune della gente.
IL POLIZIESCO NON E’ PIU’ EVASIONE,
MA INVASIONE DELLE COSCIENZE
Al di là di riconoscere a Izzo il
valore di capostipite del cosiddetto noir mediterraneo, occorre ricordare che i
tributi che la trilogia marsigliese ha ottenuto nell’ambiente culturale e nei salotti letterari contribuirono a sdoganare il giallo inteso come prodotto
di evasione e a nobilitarlo rispetto alla sua condizione di lettura dozzinale.
I libri di Montale imposero un rapporto diverso con i lettori e furono
percepiti da subito come forma colta di comunicazione. Per la prima volta il
poliziesco si era smarcato dall’etichetta di letteratura commerciale.
Perciò non stupisce che alla
morte di Izzo, stroncato a 55 anni da un tumore, i librai lo abbiano
commemorato esponendo le copertine dei suoi volumi in tutte le vetrine di
Marsiglia. Un omaggio a un maestro, di penna e di vita.
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